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                      Covid-19, Usa: i prodotti a private label crescono più di quelli di marca (+34%)

                      Le private label negli Usa, dopo essersi smarcate della loro connotazione negativa di prodotti di scarsa qualità e basso prezzo, stanno vivendo una fase molto positiva grazie anche alle crisi economiche degli ultimi 20 anni. Già da quattro anni infatti registrano un trend in crescita, ma è con la recessione, dovuta alle misure anti-covid che ha colpito il portafoglio di molti americani (e non solo), che le private label negli Usa hanno registrato un + 34% delle vendite, superando i prodotti di marca. Si prevede quindi che le private label possano aumentare di circa 10 – 12 miliardi di dollari, rispetto ai 2,5 miliardi in più dello corso anno, e raggiungere così i 93 -95 miliardi di dollari complessivi nel 2020. La quota di mercato delle private label nel consumo di cibo e bevande in questi canali dovrebbe così raggiungere il 19,2% dopo aver già registrato un incremento dello 0,4% nel 2019

                      Di Valentina Bonazza

                      private label

                      Le private label negli Usa stanno vivendo un periodo d’oro – che potrebbe proseguire ancor più forte nei prossimi anni – a causa della recessione dovuta alle misure anti-covid che ha colpito il portafoglio di molti americani (e non solo). C’è da dire che, secondo i dati IRI, negli Usa le private label vedono già da quattro anni una crescita costante e, sempre secondo le stime IRI, per il 2020 la crescita era prevista già superiore a quella dei marchi nazionali, ma quest’anno, a causa della crisi causata dalla pandemia, le private label potrebbero raggiungere cifre record rispetto alle aspettative.

                      Come sottolinea Grocery Dive, l’ascesa della private label negli Usa nell’ultimo ventennio è dovuta a due fattori principali: da un lato la private label si è smarcata della sua connotazione negativa che viveva nell’immaginario del consumatore medio. Infatti, la capacità di rivenditori come Kroger, Aldi, Costco, Wegmans, Publix, Trader Joe’s e Dollar General di investire sulla private label, sia sul fronte del packaging, sia sulla ricerca di una qualità sempre maggiore, e poi ancora sugli spazi riservati alla private label e alle offerte su più livelli, ha permesso al consumatore di percepire il prodotto MDD come affidabile, conveniente e di buona qualità. Dall’altro le crisi che si sono susseguite negli ultimi vent’anni hanno costretto un gran numero di americani a rivedere i loro acquisti e a prediligere quindi i prodotti MDD a quelli di marca per il vantaggioso rapporto qualità-prezzo. Tanto che, secondo l’IRI, l’allora nascente categoria dell’MDD, tra il 2008 e il 2010 è riuscita a raggiungere gli 8 miliardi di dollari di fatturato, con prodotti come la carne, l’insalata, il formaggio e lo zucchero.

                      Inoltre, per i supermercati, la private label può essere uno strumento prezioso per fidelizzare i consumatori e aumentare il numero delle visite del singolo cliente nel proprio punto vendita: più della metà degli acquirenti – secondo una ricerca condotta da Daymon – ha infatti dichiarato di aver scelto uno specifico negozio per le offerte sulla private label, mentre l’89% ha dichiarato di fidarsi delle private label quanto i prodotti di marca. Infine, più dell’80% ritiene che l’MDD abbia un miglior rapporto qualità-prezzo. Con l’andare del tempo, i supermercati hanno poi deciso anche di diversificare e ampliare la propria gamma, inserendo nella private label anche prodotti premium, apprezzata non solo dalle fasce a basso reddito, ma anche dalle nuove generazioni, spesso poco fedeli per quanto riguarda le marche.

                      “‘L”IRI ha stimato – spiega a Grocery Dive Krishnakumar Davey, presidente delle analisi strategiche di IRI – che le vendite di prodotti alimentari e bevande a marchio del distributore potrebbero aumentare di circa 10-12 miliardi di dollari, rispetto ai 2,5 miliardi in più dello corso anno, e raggiungere così i 93-95 miliardi di dollari complessivi. La quota di mercato delle private label nel consumo di cibo e bevande in questi canali dovrebbe così crescere di circa mezzo punto percentuale, raggiungendo il 19,2% dopo aver registrato una crescita dello 0,4% nel 2019. Se questo dato continua a crescere, il segmento potrebbe far crescere le vendite di altri 10 miliardi di dollari l’anno prossimo”.

                      TreeHouse Foods, il più grande produttore Usa di per quanto riguarda le private label, ha affermato che le vendite hanno subito un’accelerazione in aprile, quando la disoccupazione è salita a livelli mai visti dai tempi della Grande Depressione. Infatti, secondo il Wall Street Journal,  gli Stati Uniti hanno perso circa 20 milioni di posti di lavoro, ovvero il 13% da febbraio, il mese prima della pandemia che ha spinto gli Stati a sospendere molte attività e rapporti commerciali.

                      Secondo un rapporto di Daymon, durante la pandemia, le vendite delle private label sono salite al 34%, superando quelle dei prodotti di marca, segno che i consumatori sono alla ricerca di soluzioni alternative. Dati simili di Nielsen hanno mostrato, nel periodo di 14 settimane che si è concluso il 6 giugno, che le vendite delle private label sono aumentate del 23%, mentre quelle dei marchi dell’industria sono salite leggermente meno, del 21%.

                      “I consumatori sentono la necessità di fare attenzione alle loro spese perché questa è una lezione che tutti hanno imparato dalla Grande Recessione di dieci anni fa – ha affermato a Grocery Dive Krishnakumar Davey di IRI -. Questo significa che l’MDD andrà bene. Il Covid-19, da questo punto di vista, determina così una vera e propria spinta per questo settore”.

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