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                      Da Eurospin a Esselunga, via il sottocosto dal volantino, avanti con lo sconto

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                      Esselunga ed Eurospin, i volantini di inizio maggio (elaborazione: Fm)

                      Da Eurospin a Esselunga, solo per fare due nomi, sembra essere sparita la parola sottocosto dal volantino. La narrazione è cambiata, la parola chiave è diventata sconto. Lidl addirittura ha coniato, da un po’ di tempo in verità, il termine sottoprezzi, quasi a evidenziare che è il distributore a vendere in perdita, senza nulla far pesare al fornitore. Del resto stiamo vivendo, per i prodotti della filiera agroalimentare, un momento storico, da quando prima la Camera, poi il Senato, hanno approvato le norme di contrasto alle pratiche commerciali sleali per i prodotti agricoli e alimentari. In particolare sono vietate le aste elettroniche al doppio ribasso – che comunque nemmeno Eurospin adotta più, da almeno un paio di anni, in ortofrutta – e, appunto, il famigerato sottocosto. Ma, al di là degli aspetti lessicali, è cambiata la sostanza?

                      di Eugenio Felice

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                      Esselunga ed Eurospin, i volantini di inizio maggio (elaborazione: Fm)

                      Nel volantino delle insegne della grande distribuzione la parola “sottocosto” è più o meno sparita. Nell’immagine sopra l’esempio di Esselunga ed Eurospin. È stata rimpiazzata con grande slancio dalla parola “sconto” o “sconti”. Una modifica sottile di cui il consumatore finale non si sarà nemmeno accorto. In realtà è il risultato di una decisione storica. Quella, da parte del Legislatore, di tentare di riportare in equilibrio il rapporto tra gli attori – non molti – della grande distribuzione e i fornitori – tanti, piccoli, disorganizzati – del mondo agricolo, un rapporto che probabilmente è stato vincente, in termini di portafoglio, per gli italiani che fanno la spesa, ma che ha favorito fenomeni grigi (o neri) come il caporalato, la contraffazione, la corruzione. Gli addetti ai lavori si ricorderanno la campagna di Oxfam dello scorso ottobre sul “giusto prezzo” con il diavolo che si aggira al supermercato tra le cassette di ortofrutta.

                      Il Legislatore ha detto basta: il Senato lo scorso aprile ha approvato le norme di contrasto alle pratiche commerciali sleali per i prodotti agricoli e alimentari. In particolare sono vietate le aste elettroniche al doppio ribasso – che comunque nemmeno Eurospin – La spesa intelligente adotta più, da almeno un paio di anni, in ortofrutta – e il famigerato sottocosto che sarà limitato a casi specifici. Una nota del Ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf) chiarisce che saranno vietate le vendite a prezzi inferiori del 15% ai costi medi di produzione elaborati da Ismea. Chi farà il controllo e la vigilanza? L’Ispettorato Centrale Repressione Frodi (Icqrf). Si renderà così più equa la distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare? Sarà il tempo a dirlo. Certo è che oggi ai produttori di ortofrutta restano le briciole: secondo Ismea, su 100 euro spesi dal consumatore, solo 6 finiscono nelle tasche del produttore.

                      Il tema è cruciale. Ne ha parlato anche Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad: “È un nuovo inizio, una nuova realtà con cui confrontarci e possiamo pensare che questa grande piaga delle pratiche commerciali sleali possa davvero avere una fine. Una fine che chiediamo da tanto perché le nostre filiere lo meritano, perché i buoni hanno bisogno di alleanze leali, perché chi fa le cose fatte bene, alla luce dei campi, deve avere tutto il sostegno da chi le cose vuole portarle sulle tavole delle persone in maniera trasparente. Quando dico che le filiere sono il motore del nostro Paese, credetemi: è così. (…) Dobbiamo avere il coraggio di estirpare questo male e tutelare le nostre filiere: dal campo, al trasporto, alle tavole. Solo così possiamo vivere un nuovo inizio. Intervenire sui rapporti sleali, sui meccanismi d’asta che propongono prezzi sempre più bassi e che comportano l’abbassamento della qualità delle materie prime, è l’inizio“.

                      Il cambiamento insomma sarebbe iniziato, pur essendo solo all’inizio. Anche il recente ingresso di Lidl in Federdistribuzione è un segnale rilevante. C’è da sperare che le nuove norme contro le pratiche sleali non facciano la fine dell’art. 62, che non ha cambiato, se non in modo marginale, gli equilibri delle forze in campo. Lo stesso Paolo De Castro, tra i principali promotori delle norme di contrasto, ha chiarito: “La direttiva dice che qualsiasi modifica contrattuale unilaterale è irregolare: deve essere sempre concordata. L’unilateralità della scelta è quella che fa scattare l’indagine. Le parti – attenzione perché questo è un passaggio importante – possono mettersi d’accordo anche per applicare sconti superiori al 15%, l’importante è che ci sia consapevolezza e concordanza”. In sostanza la GDO potrà sempre accordarsi (per iscritto) con il fornitore per fare in particolari periodi dei sottocosto anche del 40 o del 50%.

                      Insomma, il trattamento equo del fornitore di prodotti agroalimentari rimarrà sempre a discrezione delle insegne della grande distribuzione. Del resto se una banana certificata Fairtrade quota attorno ai 2,79 euro al kg, può essere equo e solidale il prezzo di 0,79 euro al kg della banana di Eurospin certificata Rainforest Alliance? La busta da 200 grammi di insalata mista Naturama che Esselunga vende in questi giorni con sconto del 40% a 0,78 euro (5,24 euro al kg) può remunerare in modo dignitoso e adeguato il produttore di quella insalata? È giusto salvaguardare il reddito delle aziende agricole, limitando la libertà delle aziende della distribuzione di porre in essere attività commerciali consolidate? Il Legislatore può attivare ulteriori meccanismi per difendere, controllare e far crescere il settore primario italiano, ancora troppo frammentato e abbandonato a se stesso? Il futuro potrà dare qualche risposta.

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