Dalla Redazione
“Una soluzione politica, non economica per le esigenze delle imprese. La nostra è una attività specializzata, abbiamo bisogno di professionalità, non di manodopera generica”. Questo il primo commento di Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, circa le norme previste nel dl Rilancio per la regolarizzazione dei migranti. “Le misure previste nel dl Rilancio hanno una positiva valenza politica però non danno le risposte immediate che ci attendevamo in vista delle imminenti campagne estive di raccolta dell’ortofrutta”.
“Serve manodopera competente – sottolinea Marco Salvi – perché la natura ha i suoi tempi ed i suoi ritmi e far raccogliere e confezionare un prodotto ortofrutticolo da mani non esperte significa comprometterne irrimediabilmente la qualità, la salubrità e la sicurezza, oltre che creare un danno economico alle imprese ed alla collettività”.
D’avviso simile è anche Ettore Prandini, presidente di Coldiretti che, intervistato dal Corriere della Sera, afferma: “Secondo il nostro Centro studi, solo 2 mila delle persone che potranno essere regolarizzate hanno lavorato nei campi. E lo potranno fare per la fine della vendemmia, non prima di metà settembre. La regolarizzazione dei migranti decisa dal governo non risolverà il problema della mancanza di 200 mila braccianti a causa del coronavirus, con gli stagionali stranieri rientrati nei Paesi di origine che non possono tornare in Italia. Oggi, di definito, non c`è nulla. C’è stato il Consiglio dei ministri, ma adesso il decreto dovrà essere votato dalle Camere, convertito, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Poi aspetteremo la modulistica. E lasceremo il 40% del raccolto nei campi, per mancanza di braccianti”.
Inoltre, anche se ora i percettori di ammortizzatori sociali e di reddito di cittadinanza potranno lavorare nei campi “Anche in questo caso la politica resta distante dai tempi delle imprese – spiega Prandini, che sottolinea – . L’idea è buona, ma manca lo strumento. Per questo noi insistiamo, oltre che sui corridoi verdi dai Paesi dell’est, sui voucher – afferma Prandini che precisa – che sono l’unico strumento agile utile in questo momento e comunque il 25% viene versato in contributi”.
Anche Fruitimprese aveva avanzato un pacchetto di proposte immediatamente attuabili “Di cui alcune a costo zero – sottolinea il presidente Salvi –, per dare continuità ad un sistema consolidato che funziona, che negli ultimi 15-20 anni ha permesso di salvaguardare una economia basata sulla frutticoltura in tante zone del Paese che altrimenti sarebbe morta senza i lavoratori stranieri, in particolare rumeni e polacchi. Le nostre imprese conoscono questi lavoratori, sono già organizzate per accoglierli in villaggi, in strutture dedicate che funzionano già da anni”.
“Fruitimprese – spiega Salvi – già da tempo aveva proposto altre soluzioni, come, ad esempio: la quarantena attiva, grazie alla quale i lavoratori possono iniziare subito ad operare perché vengono organizzati in piccole squadre che vivono e lavorano in isolamento dalle altre maestranze; la semplificazione del sistema dei voucher; l’utilizzo in agricoltura del personale in cassa integrazione o di coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza; gli incentivi all’assunzione di personale a tempo determinato: la creazione di un portale istituzionale a livello locale per favorire l’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro, come avvenuto per il reperimento del personale sanitario, dove le aziende possano inserire le loro proposte”.
“Le nostre imprese hanno affrontato sforzi enormi in questa terribile emergenza per rifornire i punti di vendita – conclude il presidente Marco Salvi – e al contempo per adeguare gli impianti aziendali agli standard sanitari legati alla pandemia da Covid-19 per tutelare la salute degli operatori. Premesso questo, dobbiamo considerarci dei privilegiati perché abbiamo potuto continuare sempre a lavorare e produrre mentre gran parte dell’Italia produttiva si fermava. Sarebbe davvero un paradosso se adesso, dopo che la filiera ortofrutticola non ha mai smesso di lavorare e dopo che gli italiani l’hanno rivalutata come essenziale per la loro dieta, rischiamo di perdere i raccolti perché non riusciamo a reperire in tempi brevi la manodopera stagionale necessaria”.
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