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                      Export, debàcle per la frutta fresca. Peggiora il saldo della bilancia commerciale

                      export Fruitimprese

                      Le esportazioni di ortofrutta fresca sono in crescita nei primi nove mesi dell’anno con un +5,4% a valore rispetto allo stesso periodo del 2022, e raggiungono così i 4 miliardi di euro, anche se sono in discesa del 2,2% in quantità. Continua purtroppo a peggiorare il saldo commerciale ortofrutticolo nei primi 3 trimestri del 2023 che registra solamente 141 milioni di euro di surplus (-51,6% rispetto al dato del 2022). Male anche il saldo in volume con l’import che supera l’export di 425.753 tonnellate.

                      Dall’esame dei dati per comparto effettuato da Fruitimprese risultano lampanti le motivazioni di questo stato di cose, causato principalmente dalla debàcle della frutta fresca, le cui esportazioni in quantità sono in calo del 7,6% a causa della crisi produttiva dei prodotti estivi falcidiati dalle gelate, dalle alluvioni e dall’attacco delle fitopatie.

                      A parte la frutta secca, il cui export soffre contemporaneamente della scarsità di prodotto a disposizione e del calo dei consumi, sono ottimi i dati degli agrumi che segnano un +8,7% in volume e +20% in valore. Bene anche tuberi, ortaggi e legumi con esportazioni in quantità in crescita del 7,5% e del 19,4% in valore. Bene anche l’export di frutta tropicale, a dimostrazione delle ottime performance del nostro Paese come hub per la distribuzione dell’ortofrutta proveniente da tutto il mondo.

                      Per quanto riguarda le importazioni i numeri sono in crescita, +6,9% in volume e +10,2% in valore. Continua la scalata degli ortaggi che superano abbondantemente il miliardo di valore importato nei primi 9 mesi dell’anno con +22,1% rispetto al 2022. Calano i volumi degli agrumi -8,3%. Salgono le importazioni di frutta fresca dell’8,7% in quantità e del 12,9% in valore, a conferma degli spazi commerciali creatisi nel nostro Paese per la mancanza di frutta estiva nazionale.

                      Parlando dei prodotti campioni dell’export italiano, scendono leggermente i volumi esportati di mele che comunque segnano un +4,94% in valore, bene i kiwi che confermano il trend in crescita dei mesi precedenti con un ottimo +11,08% in quantità e un +6,47% in valore. Molto bene l’export degli agrumi con le arance che segnano addirittura un +25,47% in valore rispetto allo stesso periodo del 2022 ed i limoni che salgono circa del 10% in tutti e due gli indicatori.

                      Per quanto riguarda i prodotti importati, le banane crescono del 13,18%, mercato costante per l’ananas che conferma i dati del 2022, da segnalare l’exploit del valore degli avocado che aumenta del 18,82%.

                      Commentando i dati il Presidente di Fruitimprese Marco Salvi (in foto) sottolinea le preoccupazioni degli operatori per la crisi di prodotti da sempre testimonial del Made in Italy ortofrutticolo come le pere e le pesche, che stanno soffrendo più di altri i cambiamenti climatici. “Gli agricoltori hanno bisogno di supporto, altrimenti continueranno ad abbandonare queste colture – dice -. La politica non sembra raccogliere questa richiesta di aiuto, la recente decisione del MASAF di ridurre dal 70 al 40% il contributo per le polizze assicurative agevolate è purtroppo in totale controtendenza”.

                      “Nei prossimi mesi ci aspettano i verdetti finali sulle proposte di regolamento per i fitofarmaci e gli imballaggi; i primi passi nella giusta direzione sono stati compiuti, ora serve uno sforzo finale – continua Salvi -. Occorre accantonare le ideologie e mettere al centro il futuro dell’agricoltura. Le TEA/NGT potrebbero rappresentare un valido strumento di rilancio, ma, a quanto pare, anche su questo argomento a Bruxelles e Strasburgo non si riesce a trovare una linea comune”.

                      “Per quanto riguarda l’export, l’apertura del mercato cinese alle pere è una buona notizia, ma al nostro Paese serve molto di più, dobbiamo arrivare su nuovi mercati come quelli del Sudest asiatico e quello del Messico; ma soprattutto non dobbiamo permettere la chiusura di quelli disponibili come quello australiano per i kiwi, quello brasiliano, che è chiuso da 10 anni alle susine e ultimamente quello indonesiano, dove dal 2024 sarà obbligatoria la certificazione di prodotto Halal che rappresenta un costo insostenibile per le nostre aziende”, conclude Salvi.

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