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                      I fornitori di ortofrutta: “La GDO comanda, decide sconti, contributi e prezzi”

                      GDO-reparto-ortofrutta

                      Il reparto ortofrutta di su supermercato in Italia (copyright: Fm)

                      Il 2022 si sta delineando come l’anno nero per il settore ortofrutticolo: costi energetici alle stelle, guerra in Ucraina, clima avverso tra siccità ed eventi estremi, manodopera per la raccolta che non si trova, inflazione record a tassi da anni ’80, il Covid che costringe ancora decine di migliaia di persone in quarantena. Il 2022 è anche l’anno del decennale per Fruitbook Magazine e per l’occasione abbiamo condotto un’inchiesta presso i fornitori di ortofrutta su come siano cambiati i rapporti con la grande distribuzione italiana. Di seguito i commenti raccolti da due primarie imprese del settore, commenti tutt’altro che positivi

                      di Eugenio Felice

                      GDO-reparto-ortofrutta

                      Il reparto ortofrutta di un supermercato in Italia (copyright: Fm)

                      Siamo molto critici – esordisce il rappresentante di una primaria azienda del settore ortofrutta – ma, purtroppo, quelli che seguono sono tutti elementi che rispecchiano la situazione attuale. Sul piano del rapporto commerciale si è registrato un aumento del potere contrattuale della GDO dato da un aumento della concentrazione della domanda in Italia: siamo passati da molte insegne a poche insegne, un processo ancora in corso. Questo ha portato a una disparità di peso al momento della contrattazione con definizione unilaterali delle scontistiche e delle contribuzioni, accentuata questa dalla divisione su alcune catene in diverse contrattazioni con diversi centri distributivi in territori diversi. Altro fattore di cambiamento nelle dinamiche commerciali è la crescita ed evoluzione del format discount sempre più simile al supermercato ma a margini ridotti e quindi con prezzi più aggressivi, che sono in concorrenza diretta ai supermercati tradizionali che reagiscono facendo politiche di acquisto e promozionali aggressive”.

                      “In generale – continua il fornitore – si è registrato poi un irrigidimento dei sistemi gestionali della grande distribuzione che risultano lenti e macchinosi e impediscono di “sfruttare” le opportunità che la produzione può offrire. Per fare un esempio? Per codificare una nuova referenza ci vogliono almeno 10 giorni, che per un prodotto freschissimo possono essere troppi. C’è poi rigidità sui formati delle confezioni e sui materiali degli imballi, decisi molte volte in maniera unilaterale e imposti a noi fornitori, ignorando i costi dei processi industriali. Da rilevare infine – conclude il fornitore – un aumento degli investimenti sulla marca del distributore (MDD) che neutralizza le possibilità delle industrie di diversificare, investire e fare politiche di marca differenziate e portatrici di valore delle proprie specialità. Così facendo la marca del distributore appiattisce l’offerta e la concorrenza“.

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                      A mio modo di vedere – mette subito in chiaro il rappresentante di un’altra azienda, tra i leader nella produzione e fornitura di ortofrutta – il rapporto con la GDO negli ultimi anni è decisamente peggiorato. Fondamentalmente per due motivi. Il primo è che – non sempre e, va detto, non i tutti i casi – dalla nostra parte si ha sempre più frequentemente la sensazione di vivere un rapporto di forte disparità, che a volte assume i contorni della prevaricazione. Mi spiego meglio: ci sono alcuni buyer della GD e DO che, ben consci di avere il coltello dalla parte del manico, non esitano a farsi forza di questa situazione nei nostri confronti. I prezzi insomma li decidono loro e devono essere bassi, poco importa se non ripagano i costi di produzione“.

                      “Il secondo motivo – spiega il fornitore – è che una volta, nella maggioranza delle situazioni, ci si confrontava con figure dall’altissima professionalità. Oggigiorno notiamo invece una diffusa tendenza da parte delle aziende distributive ad affidarsi a giovani “rampanti”, spesso e volentieri impreparati ad affrontare la profonda specificità del settore ortofrutta. E questo potrebbe essere anche accettabile, entro certi limiti. Purtroppo, però, i nostri interlocutori non sempre si pongono in maniera costruttiva. Spesso l’unico obiettivo che essi paiono avere è “abbassare i prezzi”, a tutti i costi. Senza tener in alcuna considerazione tutte le numerosissime variabili che caratterizzano il nostro mondo. Questo è molto avvilente“.

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