Dalla Redazione
Via libera dell’aula del Senato al disegno di legge sui cibi sintetici, che vieta la produzione nel nostro Paese di carne cosiddetta “coltivata”, ovvero prodotta in vitro, tramite colture di cellule animali e non attraverso l’allevamento e la macellazione tradizionali di animali vivi. Un via libera che ha potuto contare su 93 sì, 28 no e 33 astenuti, come riporta La La Repubblica e che
che vieta non solo la produzione, ma anche l’immissione sul mercato e l’importazione in Italia di alimenti e mangimi artificiali. Resta invece consentita la ricerca. Il disegno di legge del governo, approvato da Palazzo Madama, a questo punto passerà alla Camera per essere vagliato dai deputati.
L’ok del Senato al ddl sui cibi sintetici è sostenuto da tre italiani su quattro (74%), che si dichiarano contrari al consumo di latte, carne e pesce prodotti in laboratorio, afferma la Coldiretti sulla base dei dati Notosondaggi. L’associazione infatti da sempre combatte una battaglia con quella che definisce “carne Frankenstein” e nell’ultimo anno ha realizzato petizioni e raccolte firme per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi dell’immissione sul mercato di questo novel food. “In particolare – precisa la Coldiretti – i rischi secondo gli esperti consultati da Fao e Oms riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori (ma vietati negli allevamenti europei da oltre 40 anni) e su come queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere associate allo sviluppo di alcuni tipi di cancro”.
Ma pesano anche le preoccupazioni sul piano ambientale. “I risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis – prosegue la Coldiretti – hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale”.
Il disegno di legge approvato ieri in senato contiene anche il divieto dell’utilizzo della denominazione “carne” su prodotti che sono ottenuti da proteine vegetali. Arriva dunque un freno al cosiddetto “meat sounding”, nel segno di un’operazione trasparenza per acquisti consapevoli. Obiettivo del provvedimento, infatti, è “tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo valore culturale, socio-economico e ambientale, assicurando al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini-consumatori”.
Di parere completamente opposto l’associazione Essere Animali, che in una nota esprime “profonda preoccupazione per una decisione che rappresenta un freno alla possibilità di sviluppare e commercializzare un prodotto che non proviene dagli allevamenti intensivi, non richiede l’uso di antibiotici e altri farmaci, né produce tonnellate di deiezioni estremamente inquinanti”. “Tutte problematiche che invece sono legate al settore zootecnico – continua Essere Animali -, che con questo ddl viene apertamente favorito a scapito di altre produzioni come quello delle proteine a base vegetale (con l’introduzione del divieto per l’uso di termini come “burger” e similari) e a base di carne coltivata”.
Anche l’associazione cita la Fao e l’Oms, ma in un contesto completamente opposto. “L’art. 2 dello schema di disegno di legge fa riferimento al principio di precauzione previsto dal Reg. 178/2002, che al fine di garantire la salute umana consente di adottare ‘misure provvisorie di gestione del rischio’ quali lo stop alla commercializzazione, in caso di effettiva incertezza sul piano scientifico circa la possibilità di effetti dannosi derivanti dall’utilizzo di alcuni prodotti – ribadisce Essere Animali -. Tuttavia, la letteratura scientifica attuale, il recente report di FAO e OMS e i processi di validazione avvenuti già in altri Paesi non lasciano dubbi sul fatto che la carne coltivata sia sicura per i consumatori, essendo basata sul meccanismo della replicazione cellulare, ben noto e applicato da tempo. Oltretutto, l’immissione sul mercato europeo potrà avvenire solamente in seguito all’autorizzazione delle autorità, in primis l’EFSA, che richiede una attenta valutazione di ogni potenziale rischio”.
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