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                      Juice pairing, ovvero piatti stellati ed estratti di frutta e botaniche. La nuova tendenza

                      Spopola  in tutto il mondo il juice pairing, ovvero la tendenza ad abbinare ai piatti d’autore non più vino, ma estratti di frutta, verdura, erbe aromatiche e botaniche. È un must nei ristoranti stellati, da New a Sydney, da Londra a Copenaghen e Madrid, e si sta diffondendo anche in Italia, seppur il nostro paese vanti una tradizione enologica d’eccellenza

                      Dalla Redazione

                      Vino e piatti d’autore? Potrebbe diventare un binomio obsoleto. C’è infatti una nuova tendenza che si sta facendo strada nei ristoranti stellati di tutto il mondo, dalla Danimarca all’Inghilterra, dall’Australia agli Stati Uniti: si chiama juice pairing e consiste nell’abbinare ai piatti dei grandi chef una degustazione di estratti freschi di frutta, ortaggi, erbe aromatiche e altre botaniche, per esaltare al meglio i sapori con una proposta alcol free. Il primo ad avere lanciato questa tendenza è il pluristellato chef danese René Redzepi, che al Noma, il suo celebre ristorante a Copenaghen, propone la degustazione di blend analcolici eclettici ma accuratamente studiati, che prevedono ad esempio la combinazione inedita di siero di latte e cetriolo, o di succo di mela e germogli di pino, o ancora di acetosella e nasturzio, una pianta originaria del Perù, come riporta Dissapore. A Copenaghen c’è anche il Geranium, ristorante stellato dove si può optare per bevande naturali che accompagnano l’intero percorso di degustazione: dalla vivacità dell’estratto di mela verde e timo si passa quindi all’intensità del mix di more e corteccia affumicata.

                      Negli Stati Uniti la moda del juice pairing spopola già da tempo. A New York l’elegante Eleven Madison Park, ristorante tre stelle Michelin, propone una gradevole abbinamento tra le portate e una nuova generazione di bevande fermentate come il kombucha (leggi qui) che hanno il compito di amplificare le sensazioni di un pasto raffinato. Sempre nella Grande Mela all’Atera lo chef danese Ronny Emborg si spinge a sostituire le degustazioni di vino con lo “champine”, un analcolico estratto da aghi di abete Douglas.

                      In Australia invece sono tanti i ristoranti di alta cucina che, seguendo le orme del Momofuku Seiobo, aperto a Sydney nel 2011 dallo chef stellato di origini coreane David Chang, propongono estratti di cipolle in abbinamento alla cernia al vapore.

                      Anche in Europa il juice pairing è una moda sempre più diffusa nell’alta cucina. Il Clove Club londinese propone latte di noci, infusi, tè ed estratti vegetali da degustare al posto del vino. Al DiverXo di Madrid il giovane chef David Muniz abbina alla sua cucina fuori dagli schemi essenze e aromi, come l’olio di semi d’uva insaporito da un pizzico di sale di Maldon. Anche i tristellati Mirazur a Menton e Restaurant André a Valence, in Francia, abbinano ai propri piatti percorsi composti da acqua di carote, tè e kombucha, mentre nel bistellato londinese Kitchen Table la sommelier e co-fondatrice del ristorante Sandia Chang come entree serve, al posto dello champagne, cocktail analcolici come la tonica a base di finocchietto e verbena al limone.

                      A Kobarid, in Slovenia, il ristornate Hiša Franko della chef Ana Roš è celebre per il percorso Juicy proposto come degustazione alternativa e alcol free: tutto si basa su un contrasto armonico di sapori. Ecco allora, ad esempio, il bignè ripieno di ricotta fermentata e uova di trota con kombucha a base di mele, infuso di camomilla e peperoncino, oppure l’high mountain salad (un’insalata con soli ingredienti locali) con acqua di pomodoro con infusione di ibisco.

                      E l’Italia, che vanta una radicata tradizione enologica di eccellenza? Anche nel nostro Paese la juice pairing mania si sta timidamente diffondendo. Al Joia di Milano, primo ristorante vegetariano stellato in Europa, come riporta Agrodolce, lo chef Pietro Leemann già da diversi anni propone degustazioni alcol free con i menu: si parte con cocktail analcolici preparati con frutta e verdura di stagione, centrifugati, di mango oppure melograno e cavolo nero, quindi si procede con un fermentato, un kefir d’acqua a base malto o mosto d’uva, e si termina con un tè, in abbinamento al dessert. A Roma alla Glass Hostaria della chef Cristina Bowerman cocktail analcolici a base di frutta e infusi sono l’alternativa alla degustazione di vino. Ultimo esempio italiano avanguardista in questo senso è il Restaurant 1908 di Soprabolzano (BZ). Qui lo chef Stephan Zippl propone degustazioni di cocktail analcolici come ad esempio lo Sparkling Carrot con carota, caramello, rosmarino e tonic oppure il Blueberry Forest con mirtillo, tè di fieno al mirtillo, sciroppo di pino mugo, aghi di pino mugo. Serviti a tavola anche succhi di mela prodotti da Kohl e Widum Baumann.

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