Dalla Redazione
È dalla frutta e la verdura che arriverà una cura contro il Covid-19? Forse è presto per dirlo, ma l’attenzione alle proprietà contenute in frutta e verdura è alta. A settembre era la quercetina contenuta in cipolle rosse, capperi e mirtilli, ad esempio, a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e degli scienziati. Infatti, secondo i primi studi questo flavonoide è in grado di bloccare una proteina presente in tutti i tipi di coronavirus, fondamentale per il suo sviluppo, e il cui blocco risultava letale per Sars-CoV-2 (leggi qui). Oggi è invece al vaglio un altro flavonoide: la naringenina, in questo caso contenuto in special modo nel pompelmo ma anche nel bergamotto e, in minore quantità, nel limone, nelle arance, nei mandarini e nelle melagrane.
Da un primo studio di base, coordinato dalla Sapienza in collaborazione con altre università italiane, è emerso infatti che la naringenina, flavonoide presente negli agrumi e in diversi vegetali di uso alimentare, sembrerebbe essere un’arma efficace nella lotta al Covid-19 in quanto capace di bloccare alcuni tipi di coronavirus tra cui anche il Sars-Cov-2.
In pubblicazione sulla rivista Pharmacological Research, lo studio mostra come questa molecola sia in grado di contrastare efficacemente la dannosa produzione di citochine dell’infiammazione, la cosiddetta tempesta infiammatoria, che si scatena nel corso dell’infezione virale da Sars-Cov-2.
Nello specifico, il gruppo di ricerca de la Sapienza, che da anni studia i canali ionici lisosomiali TPC (Two-PoreChannels), in collaborazione con Armando Carpaneto dell’Università di Genova, ha scoperto come la naringenina inibisca questi canali. In particolare, il gruppo di ricercatori del Laboratorio di Virologia della Sapienza guidato da Guido Antonelli ha scoperto che il trattamento di cellule con Naringenina previene l’infezione di più di un tipo di coronavirus, bloccando quindi il progredire dell’infezione. In aggiunta a questi risultati, il team del Laboratorio di Microbiologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, guidato da Massimo Clementi, ha dimostrato che, alle stesse dosi, anche l’infezione di Sars-CoV-2 viene arrestata.
Individuato quindi un “bersaglio cellulare” da colpire, “La sfida successiva – spiega Filippini all’Agi.it – a cui stiamo lavorando, con l’importante ausilio di nuove competenze nanotecnologiche interne a Sapienza, è individuare la formulazione ottimale per veicolare il farmaco alle più basse concentrazioni possibili in modo efficace e selettivo alle vie aeree, il primo fronte critico su cui combattere l’infezione”.
L’intuizione che la proliferazione di Sars-CoV-2 si possa prevenire inibendo uno specifico bersaglio molecolare responsabile della progressione del virus appena entrato nella cellula è nata nel laboratorio dell’Unità di Istologia ed Embriologia Medica di Antonio Filippini del Dipartimento di Scienze anatomiche, istologiche, medico-legali e dell’apparato locomotore dell’ateneo romano, grazie a una consolidata competenza sui sistemi di segnalazione e traffico intracellulare.
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