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                      La guerra ai prezzi delle banane non accenna a finire. Ora tocca all’Uk

                      La guerra ai prezzi delle banane sembra non trovare una fine. Dopo i comunicati congiunti di varie associazioni di produttori di banane del Centro e Sud America contro il prezzo richiesto da Aldi, troppo basso per rientrare nei costi sostenuti, ora i coordinatori di Colsiba e Euroban hanno inviato una lettera ai supermercati del Regno Unito per invitarli a non seguire l’esempio di Aldi e interrompere la corsa al ribasso. Un’analoga lettera è stata inviata da varie ONG tedesche e internazionali ai retailer tedeschi e ad altri retailer europei. “I supermercati – si legge – non hanno ancora capito che i loro prezzi bassi continuano a causare povertà. La loro strategia di delegare la responsabilità a enti di certificazione privati come la Rainforest Alliance non porta a un miglioramento delle condizioni di lavoro ma va a beneficio solo dei retailer stessi, che si nascondono dietro l’immagine dell’etichetta

                      Dalla Redazione

                      banane

                      Mentre le ONG e i sindacati latinoamericani stanno chiedendo i gruppi distributivi di tutta Europa di fermare la tendenza di abbassare sempre più i prezzi delle banane, una lettera firmata da Gilbert Bermudez, coordinatore di Colsiba (organismo di coordinamento dei sindacati latinoamericani delle banane e agroindustriali) e Alistair Smith, coordinatore di Euroban (rete intercontinentale di azione per le banane) è stata inviata alle insegne della GDO del Regno Unito, il tutto a seguito della notizia secondo la quale Aldi punterebbe a ridurre il prezzo di acquisto delle banane di quasi il 9% (da 12,41 a 11,33 euro a cartone da 18 kg) per il suo contratto globale del 2021 (ne abbiamo parlato qui). Una lettera simile è stata recapitata ai retailer tedeschi e ad altri retailer europei da parte di varie ONG tedesche e internazionali.

                      Questa notizia è stata preceduta da anni di feroci guerre dei prezzi delle banane in tutto il commercio al dettaglio di prodotti alimentari, soprattutto in Nord Europa. La tendenza in atto della costante diminuzione dei prezzi d’acquisto – affermano le associazioni – è ormai un fatto chiaro e palese. Siamo quindi profondamente preoccupati per le conseguenze di questa azione, che naturalmente non coinvolge solo Aldi, anche se l’azienda è diventata il price setter non ufficiale dei prezzi delle banane per i buyer dei supermercati europei e britannici”.

                      “Negli ultimi anni – prosegue la lettera – abbiamo accolto con favore i progressi di quei supermercati che si sono impegnati sempre più su questo fronte e hanno deciso di seguire delle politiche a tutela dei diritti umani, ottenendo, in alcuni casi, progressi significativi nel rendere pubblici i risultati di queste iniziative – proseguono i firmatari della lettera -. L’esempio dei prezzi delle banane dimostra che, nonostante questi impegni, i processi di due diligence sui diritti umani non sono ancora stati integrati all’interno delle pratiche commerciali”.

                      Un adeguato impegno e controllo in materia di diritti umani deve tradursi anche in prezzi d’acquisto ragionevoli e condizioni contrattuali che possano consentire la realizzazione di questi diritti fondamentali. Soprattutto per quanto riguarda i salari, c’è una correlazione diretta tra i bassi prezzi d’acquisto e le violazioni dei diritti umani e dei lavoratori – riferiscono -. I bassi prezzi di acquisto stridono con gli impegni volontari assunti dai supermercati tedeschi, britannici e olandesi per garantire il pagamento del salario minimo a tutti gli uomini e le donne impiegati nella produzione alimentare e di altri beni di consumo”.

                      La situazione attuale, però, potrebbe anche rappresentare un’opportunità per il settore del commercio al dettaglio: “L’industria può dimostrare di aver capito che il proprio impegno in materia di diritti umani non può coesistere con prezzi sempre più bassi pagati ai produttori. Prezzi di acquisto ragionevoli – concludono – devono coprire i costi di produzione per contribuire ad evitare violazioni dei diritti umani e impatti ambientali negativi“.

                      “I retailer – dichiara Colsiba –  non hanno ancora capito che i loro prezzi bassi continuano a causare povertà. La loro strategia di delegare la responsabilità a enti di certificazione privati come la Rainforest Alliance non porta a un miglioramento delle condizioni di lavoro e al rispetto dei diritti dei lavoratori nelle piantagioni di banane in cui fanno acquisti, e va a beneficio solo delle catene stesse, che si nascondono dietro l’immagine dell’etichetta. Non dicono la verità ai loro clienti”.

                      La lettera citava anche l’Astac, l’associazione dei lavoratori del settore bananiero dell’Ecuador, che è il più grande Paese esportatore di banane del mondo. Astac ha infatti riferito a Oxfam: “Invece di intensificare ulteriormente lo sfruttamento del lavoro, i supermercati, e soprattutto Aldi, dovrebbero attuare una politica di acquisto che garantisca un prezzo migliore per quei fornitori che promuovono i diritti del lavoro e soprattutto la libertà di associazione e il dialogo sociale con i lavoratori, al fine di migliorare le condizioni di lavoro nelle piantagioni di banane”.

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