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                      La nuova borsa Hermes? È fatta di “pelle di fungo” grazie a MycoWorks

                      Biotecnologia e moda di lusso possono sembrare due mondi agli opposti. In realtà non è più così già da qualche tempo: il mondo della moda da anni è alla ricerca di materiali sempre più sostenibili e diversificati. Ne è un esempio il progetto annunciato da Hermes: la maison parigina del lusso ha infatti avviato una partnership con MycoWorks, giovane azienda californiana specializzata nella lavorazione del micelio (una parte del fungo), per ricreare la sua iconica borsa del 1997. La Victoria bag sarà così ricreata in una veste decisamente più sostenibile e veg-friendly grazie al materiale utilizzato che, in quanto ricavato dai funghi, è interamente vegetale. Il materiale così ottenuto verrà poi “conciato” e lavorato in Francia dagli artigiani del brand

                      Dalla Redazione

                      Hermes fungo

                       

                      L’iconica borsa Victoria ideata nel 1997 della maison parigina Hermes (dal valore di circa 5.000 euro) verrà riproposta sul mercato del lusso in versione “fungo”. Non si tratta di un colore, ma del materiale utilizzato. Hermes infatti si è alleata con MycoWorks, la start-up californiana specializzata nella lavorazione del micelio (l’apparato vegetativo dei funghi che è formato da un intreccio di filamenti in cui scorre il protoplasma) per creare una versione più sostenibile della Victoria bag, proprio grazie all’utilizzo non più della pelle ma di un materiale similpelle chiamato Sylvania, frutto di un trattamento particolare di parti del fungo chiamato Fine Mycelium messo a punto e brevettato dalla start up californiana MycoWorks.

                      L’azienda è nata nel 2013 Emeryville, California, ed è specializzata proprio nella lavorazione dei funghi. MycoWorks ha lavorato tre anni per mettere a punto la tecnologia Fine Mycelium e ottenere Sylvania questo materiale simile per consistenza al pellame ma del tutto a base vegetale. Il materiale così ottenuto verrà poi tinto dai conciatori di Hermes – maison che si caratterizza per un metodo di lavoro legato ad un’alta artigianalità – che la lavoreranno al fine di aumentare la resistenza e la durevolezza, e poi perfezionata dai maestri pellettieri della maison.

                      Hermes fungo

                      Render dell’iconica Victoria Bag di Hermes

                      C’è da dire che i funghi non sono estranei al mondo dell’arte e della moda e del lusso: negli anni 90 a San Francisco – ricorda Il Sole 24 ore – l’artista Philip Ross iniziò a studiare le proprietà dei funghi reishi per realizzare delle sculture. In collaborazione con l’artista dalla formazione in biologia cellulare Sophia Wang si formò poi un team di scienziati, ingegneri, biologi che posero le basi per MycoWorks, proprio in virtù del fatto che si iniziarono a capire le potenzialità commerciali di questo materiale. La vera e propria svolta avvenne però nel 2020 durante la New York Fashion Week MycoWorks presenta Reishi, la prima pelle vegetale derivata dai funghi: è un successo, e a novembre 2020 MycoWorks riceve 45 milioni di dollari di finanziamenti di serie B (anche da Natalie Portman, attrice notoriamente vegana, e da John Legend).

                      MycoWorks non è comunque l’unica azienda a mettere a punto alternative alla pelle animale da vendere a un’industria della moda che sta abbandonando il concetto di “usa e getta”. La statunitense Bolt Threads, ad esempio, ha brevettato Mylo, un pellame ricavato dal micelio, che ha avuto il sostegno di un consorzio formato da Adidas, Stella McCartney, Lululemon e Kering. Anche l’Italia non è da meno: a Montelupo Fiorentino, la start up Grado Zero, specializzata in materiali sostenibili e innovativi, ha creato Muskin, materiale ricavato dal fungo Phellinus ellipsoideus, mentre le imprenditrici catanesi Adriana Santanocito ed Enrica Arena, scelte da Salvatore Ferragamo per un’esclusiva linea di moda, hanno realizzato Orange Fiber, il tessuto “vitaminico” made in Italy realizzato con gli scarti della lavorazione industriale delle arance (ne abbiamo parlato qui).

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