Due dozzine di «mall» hanno chiuso dal 2010 e altre 60 sono in profonda crisi, scrive il Corriere della sera, riportando il dato dal New York Times basato sui dati di Green Street Advisors. Un dato che sembra confermare una significativa accelerazione del fenomeno di declino di questi luoghi negli ultimi dieci anni. Anche se di crisi dei centri commerciali si parlava già a metà degli anni 90, il declino in questo caso non riguarda tanto i centri commerciali più costosi (tipo Macy’s) ma quelli frequentati dalla middle e working class, segno che nonostante la crescita economica nel Paese restano forti disparità, considera Corriere.it.
La colpa, stando alle riflessioni del New York Times, non è tanto della crescita dello shopping online, che in realtà ha un effetto limitato secondo gli esperti. Solo il 10% delle vendite avviene online e queste hanno un impatto maggiore sui cosiddetti «big box stores», grosse catene specializzate come Target o Best Buy, anziché sui negozi che acquistano spazi all’interno dei centri commerciali.
Il problema principale è la crescita totale nel numero dei negozi in America al di sopra delle possibilità di acquisto. Ed è anche cambiato il modo di consumare: «Sono sicuro che alcuni centri commerciali resteranno in piedi anche in futuro, ma ci sono grossi segmenti della società che sono stanchi di questi luoghi», spiega l’architetto Mark Hinshaw.
Come enormi balene arenate, i centri commerciali vuoti suscitano fascino e sgomento nell’immaginario collettivo. Vi è un popolare sito web dedicato al fenomeno – deadmalls.com – e il fenomeno è diventato anche una sorta di meme culturale, con una scena particolarmente inquietante nel film “Girl Gone” ambientato in un centro commerciale vuoto.
fonte: Corriere.it