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                      Le pesche dolci di Fukushima in vendita da Harrods: ma il prezzo è salato

                      Fukushima pesche

                      Fukushima pesche

                      Fukushima, dal 2011 purtroppo sinonimo di disastro nucleare, cerca oggi di ripristinare l’immagine della regione puntando anche sull’ortofrutta, suo fiore all’occhiello. E così le pesche della prefettura – Fukushima è il secondo produttore di pesche nel Paese – arrivano per la prima volta in Europa sugli scaffali di Harrods, tempio del lusso a Londra. Non succedeva dallo tsunami che ha danneggiato la centrale nucleare locale nel 2011. Il prezzo? 80 sterline la confezione da tre frutti, circa 32 euro cad. E mentre la bonifica dell’impianto prosegue a rilento sotto gli occhi della comunità internazionale, Harrods annuncia che da ottobre inizierà a vendere anche una varietà di uva chiamata Shine Muscat, coltivata nella stessa regione

                      Di Massimiliano Lollis

                      Fukushima pesche

                      Dal marzo del 2011 Fukushima fa – purtroppo – rima con “disastro nucleare”, dopo lo tsunami che ha causato la fusione dei reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi e la conseguente fuga di radiazioni che ancora oggi preoccupa. Ora, a distanza di circa tredici anni dal disastro, il retailer del lusso londinese Harrods mette in vendita tra i suoi scaffali pesche provenienti dalla regione, parte degli sforzi per ripristinare la fiducia nei prodotti coltivati nella zona. Si tratta di una prima assoluta per le pesche di Fukushima in Europa dal 2011 a oggi.

                      La novità potrà incuriosire e forse attrarre molti, ma si tratta di un lusso per pochi: come scrive, tra gli altri, la BBC, il prezzo è stato fissato a 80 sterline – poco meno di 95 euro – per una confezione da tre, quasi 32 euro a frutto. Prezzi alti che però non stupiscono dato il luogo – vero e proprio tempio del lusso della capitale britannica – e il fatto, noto, che la frutta giapponese possa raggiungere quotazioni da capogiro per quelli che sono i nostri standard di riferimento.

                      Come si legge sul sito dell’ufficio turistico di Fukushima, la prefettura è il secondo produttore nazionale di pesche, motivo per cui si può dire che questo frutto sia il simbolo della regione. “Dal colore rosa tenue e con un aroma dolce e delicato e un buon equilibrio nutrizionale di vitamine e minerali, le pesche di Fukushima sono coltivate alla luce diretta del sole e hanno quindi un sapore ricco e un aspetto attraente. Per misurare il contenuto di zuccheri e la durezza delle pesche viene utilizzato un sensore di luce e solo le pesche accuratamente selezionate vengono vendute. Alberi carichi di pesche – si legge – si trovano soprattutto nelle aree di Fukushima City e Date”.

                      Ma se le pesche di Fukushima hanno raggiunto gli scaffali di Harrods, lo si deve alla politica intrapresa dall’operatore della centrale danneggiata, la Tokyo Electric Power Company (Tepco), per ripristinare la reputazione della regione a livello internazionale. Come riporta la BBC, a ottobre Harrods inizierà a vendere anche una varietà di uva chiamata Shine Muscat proveniente dalla prefettura.

                      Fukushima pesche

                      Pesche di Fukushima

                      La vendita delle pesche avviene a distanza di due anni da quando il Regno Unito ha eliminato le ultime restrizioni all’importazione di prodotti alimentari di Fukushima. Per ora quella di Londra è l’unica iniziativa di questo tipo nel continente europeo, ma negli scorsi mesi Tepco ha organizzato campagne simili in Paesi come gli Stati Uniti e la Thailandia.

                      Dal 2011 le aziende agricole della regione hanno avuto difficoltà a vendere i loro prodotti a causa dei timori di contaminazione. Timori che – nonostante oggi tutti i prodotti agricoli e ittici esportati dalla zona siano sottoposti a test per le radiazioni – permangono, anche alla luce dell’annuncio del governo giapponese, lo scorso anno, di voler rilasciare nell’Oceano Pacifico le acque reflue trattate dell’impianto nucleare. Una mossa controversa, nonostante l’appoggio di un organo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, che aveva spinto Cina e Russia a bloccare le importazioni, accusando Tokyo di non essere trasparente nei suoi piani di rilascio dell’acqua trattata.

                      Nel frattempo, proseguono gli sforzi per la bonifica della centrale di Fukushima Daiichi, mentre in queste ore le agenzie battono notizie non confortanti. Come scrive, tra gli altri, Abc News citando dichiarazioni della Tepco, proprio nella giornata di martedì 17 settembre è stata interrotta per problemi tecnici la missione di un robot specializzato – il cui utilizzo è fondamentale dati i livelli altissimi di radiazioni all’interno dei reattori – che avrebbe dovuto recuperare il primo campione di detriti di combustibile fuso dall’interno di uno dei reattori danneggiati della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Si tratta del secondo tentativo fallito in meno di un mese.

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