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                      “L’ortofrutta tra guerra e siccità”: Vernocchi e Bruni su come uscire dall’impasse

                      Al webinar “L’ortofrutta tra guerra e siccità: quali strategie per il riscatto?” organizzato il 9 giugno da Agribusiness24 (Gruppo 24 Ore) Davide Vernocchi, coordinatore ortofrutta di Alleanza Cooperative Agroalimentari, ha fatto una panoramica sulle problematiche che attanagliano il settore ortofrutticolo, fra cambiamenti climatici, rincari alle stelle, flussi commerciali condizionati dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina e carenza di manodopera. Tre le direttive per uscire dall’impasse: ricerca scientifica volta a sviluppare nuove tecniche di miglioramento genetico e di difesa, strategie all’interno del Piano strategico nazionale e apertura ai nuovi mercati extra Ue. “Sono riprese le trattative per l’export di pere in Cina e per quello di pesche, albicocche e susine in Israele”, rivela a questo proposito il presidente di CSO Italy Paolo Bruni, che sottolinea anche gli elementi di positività che si affacciano all’orizzonte e fanno sperare in una ripresa del settore

                      di Carlotta Benini

                      È un momento molto complesso per il settore ortofrutticolo, che con l’instabilità geopolitica attuale e dopo due anni di pandemia si trova stretto tra i rincari e i costi di produzione alle stelle, colpito dai cambiamenti climatici e dalle calamità naturali, penalizzato da barriere fitosanitarie che ancora impediscono l’export verso Pesi strategici extra UE. La chiusura dei mercati russo-ucraini, inoltre, sta producendo un surplus in Europa, che rende alcune filiere meno competitive, portando da un lato all’abbandono di certi comparti come quello della pericoltura, dall’altro allo “switch” verso produzioni più remunerative. In questo contesto ci sono poi emergenze che vanno affrontate con priorità come quella della carenza di manodopera, in un settore in cui mancano 100 mila stagionali per affrontare le grandi campagne di raccolta. Se n’è parlato il 9 giugno durante il webinar “L’ortofrutta tra guerra e siccità: quali strategie per il riscatto?” organizzato da Agribusiness24, la piattaforma del Gruppo 24 Ore dedicata al mondo dell’agroalimentare. Durante l’evento online, moderato dalla giornalista Silvia Marzialetti, sono state commentate le varie criticità che affliggono il settore, ma non senza un barlume di ottimismo per una ripresa, alla luce anche di alcuni segnali positivi che timidamente si affacciano all’orizzonte.

                      Davide Vernocchi, coordinatore ortofrutta di Alleanza Cooperative Agroalimentari, ha aperto i lavori sottolineando innanzitutto come la filiera ortofrutticola esca da due anni di pandemia essendo riuscita comunque a garantire sempre e comunque la presenza del prodotto sui banchi, questo solo grazie al grande sforzo fatto dagli agricoltori italiani. “Prima l’embargo russo, poi la guerra in l’Ucraina, che importava mediamente 7-8 milioni di ortofrutta fresca e trasformata, per ultima la decisione dell’Egitto di introdurre nuove norme valutarie che rendono complicate le transazioni commerciali e stanno ostacolando l’import di ortofrutta: le dinamiche del commercio globale di ortofrutta sono continuamente condizionate da fattori che hanno ripercussioni sui flussi dei prodotti – esordisce Vernocchi -. Un altro fatto che ha caratterizzato il commercio in questi ultimi mesi è stata la chiusura del porto di Shangai per Covid: questo ha fatto sì che le mele polacche e moldave, che prima erano orientate verso quei paesi, si siano riversate sul mercato europeo a prezzi di 20-30 centesimi, molto più bassi rispetto ai nostri standard”.

                      Vernocchi ortofrutta

                      Davide Vernocchi

                      I cambiamenti climatici? Negli ultimi 40 anni nella Pianura Padana la temperatura media massima è aumentata di 2 gradi. Da tre anni consecutivi l’Europa è devastata dalle gelate che stanno condizionando pesantemente le produzioni ortofrutticole. E poi c’è la siccità: le precipitazioni nel nostro Paese si sono ridotte di oltre il 30%. “Per non parlare poi – continua Vernocchi – di eventi estremi come trombe d’aria e grandinate che stanno martoriando non solo l’Italia ma tutta l’Europa”. Questi aumenti di temperatura e di umidità poi portano a una recrudescenza delle malattie fungine e alla prolificazione di insetti infestanti: negli ultimi cinque anni il settore ortofrutticolo si è trovato a fronteggiare l’attacco di nuovi insetti e parassiti alieni contro i quali non ci sono meccanismi di difesa e che possono danneggiare fino al 70% di un raccolto. “Nel 2019 la cimice asiatica ha causato danni per oltre 500 milioni euro alla sola filiera del pero”, ricorda Vernocchi.

                      “Ci troviamo quindi di fronte a un mix di situazioni implosive, per cui stiamo assistendo a uno spostamento di quelle che sono le scelte colturali da parte dei coltivatori, perché da un lato non trovano la sostenibilità economica necessaria per la sopravvivenza dell’azienda agricola stessa. E allo stesso tempo si trovano schiacciati da costi di produzione che sono diventati insostenibili e condizionano quindi le scelte colturali. C’è tanta preoccupazione anche per il consumo dei nostri prodotti, di fronte a un potere di acquisto che si è fortemente ridimensionato. Inoltre ci sono filiere che per effetto dell’aumento di costi – dell’energia, dei fertilizzanti, degli imballaggi – hanno un livello di inflazione che supera il 20-25%. Cosa succederà io non sono in grado oggi di prevederlo, certo parliamo di prodotti che sono alla base della dieta alimentare”, è la conclusione del coordinatore ortofrutta di Alleanza Cooperative Agroalimentari.

                      Che strade intraprendere dunque per uscire dall’impasse? Occorre indubbiamente trovare soluzioni ecosostenibili affinché le aziende agricole riescano a ottenere il meglio della produzione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. In questo contesto svolge un ruolo determinante la ricerca, “chiave di volta del futuro dell’ortofrutta”, a partire dal miglioramento genetico. Lo ha anticipato Vernocchi e lo ha sottolineato anche il presidente del CSO Italy Paolo Bruni, intervenuto a chiusura dei lavori per tirare le somme sui temi affrontati dal webinar di Agribusiness24. Occorre dunque accelerare i tempi della burocrazie per rinvestire sulle tecniche di miglioramento genetico e di difesa. “Non si sta parlando di OGM – sottolinea Bruni – ma di ammodernamento e velocizzazione di processi naturali”. Se negli Stati Uniti e nel Regno Unito queste tecniche di evoluzione assistita sono già una realtà, l’Europa è ancora molto indietro in questo senso.

                      Bruni ortofrutta

                      Paolo Bruni

                      Il presidente di CSO Italy nel suo intervento ha sottolineato come, a fronte di un quadro certamente complesso per il settore ortofrutticolo, ci siano comunque dei segnali positivi emersi nell’ultimo periodo che fanno ben sperare in una ripresa. “La prima speranza è che, dopo tre anni di insidie climatiche, di infestanti e di insetti, quella 2022 sia l’annata di un auspicato ritorno a una quasi normalità. – sottolinea Bruni -. Le stime delle produzioni estive sono positive: per le albicocche prevediamo una produzione intorno alle 363 mila tonnellate, per pesche e nettarine di 1 milione e 80 mila tonnellate: in entrambi i casi si tratterebbe di un 40% in più rispetto all’anno scorso”. “Per ragioni tempistiche – continua – non abbiamo ancora potuto fare una previsione per pere, mele e kiwi: l’ambito della fioritura lasciava però ottime premesse. Ora bisogna solo sperare che gli sbalzi termici che ci hanno catapultato da un giorno all’altro dall’inverno all’estate non vadano a inficiare questo quadro che ci sembrava positivo”.

                      Altro elemento positivo, secondo il presidente di CSO Italy, è stato un ritorno delle fiere in presenza, fondamentali per far funzionare il rapporto fra produzione e buyer. Infine sono in ripresa tutte quelle attività istituzionali che con la pandemia sono state sospese, in primis quella per l’apertura a nuovi mercati attraverso l’abbattimento di quelle “barriere fitosanitarie dietro cui si nascondono in realtà barriere commerciali” e meri pretesti per rendere più difficile l’ingresso dei prodotti italiani in certi paesi. “Il caso più eclatante è quello che riguarda la Cina, dove però è giunta nelle ultime settimane la riapertura del negoziato per l’esportazione delle pere italiane e a seguire per mele e uva da tavola – rivela Bruni -. Se un mercato di 1,5 miliardi di persone iniziasse a mangiare anche solo una pera a testa, ci sarebbero grandi opportunità di slancio per la nostra ortofrutta”. Un’altra novità sul fronte dei nuovi mercati è quella di Israele, paese con il quale sono state riaperte i giorni scorsi le trattative per l’export di pesche, nettarine e susine italiane: se il negoziato si conclude, si aprono anche in questo caso grandi opportunità”. “I dossier fitosanitari aperti al momento sono tanti – conclude il presidente di CSO Italy -: verso la Thailandia per esportare pere e uva da tavola, verso il Messico dopo l’apertura del kiwi si sta lavorando per portare mele e pere, verso il Perù per poter movimentare le nostre mele, il kiwi e l’uva da tavola, verso l’Equador per inviare le pere, in Vietnam è pendente da anni il dossier del kiwi e verso gli USA si attende la pubblicazione per l’accordo che riguarda le mele e le pere”.

                      Al webinar del Sole 24 Ore hanno partecipato anche Marco Salvi, presidente di Fruitimprese (leggi qui), Germano Fabiani, responsabile reparto frutta di Coop Italia e Luigi Polizzi, direttore generale Mipaaf Politiche Internazionali e dell’Unione Europea: sui loro interventi rimandiamo ad altri articoli.

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