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                      Ortofrutta di appeal? Curti, Dole: “Occorre lavorare sulla cultura di marketing”

                      La frutta, in fatto di appeal, non ha nulla da invidiare a un Ferrero Rocher, l’iconico cioccolatino che con lo spot anni ’90 è entrato nell’immaginario collettivo come un oggetto di lusso. Potrebbe perfino essere più seducente, con la giusta cultura di marketing. Parola di chi, in Ferrero, ha lavorato ai vertici per quattro anni, prima del debutto in ortofrutta, alla guida di un’azienda globale leader nella produzione e distribuzione di prodotti freschi di qualità premium. Con Giusto Curti, Managing Director di Dole Italia, abbiamo parlato di innovazione ed esposizione in punto vendita, di convenience e prodotti mainstream, con uno sguardo sul mercato e sui nuovi trend

                      di Carlotta Benini

                      Dole Giusto Curti

                      Giusto Curti, Managing Director di Dole Italia

                      Come fare innovazione in ortofrutta? Come valorizzare l’esposizione in punto vendita e dare maggiore appeal a un prodotto healthy per natura, dal grande potenziale comunicativo, sviluppando politiche di brand atte a sfruttare al meglio e mettere a valore questo potenziale? Ne abbiamo parlato con Giusto Curti, Managing Director di Dole Italia, leader globale nella produzione e distribuzione di frutta fresca di qualità premium. Il manager modenese ha alle spalle un percorso ventennale di crescita verticale in ambito commerciale e ha ricoperto ruoli di responsabilità in multinazionali come P&G, Danone, Mars e Ferrero. Alla guida di Dole Italia da un anno (leggi qui), oggi è punto di riferimento per l’intero management e supervisore di tutte le attività italiane in ambito commerciale, logistico, finanziario e amministrativo. “Siamo un’azienda globale che si occupa per il 90% di import – esordisce Curti – annoverando nel suo ampio portafoglio prodotti l’iconica Banana Premium Dole e l’Ananas Tropical Gold, ma per il 10% ci dedichiamo anche all’export, commercializzando in tutto il mondo prodotti italiani di alta qualità come mele e kiwi. Un business secondario, ma in costante sviluppo e consolidamento, che oggi ci consente di porci come punto di riferimento strategico per tutti i produttori italiani interessati a sviluppare il loro business a livello internazionale”.

                      Partiamo dall’attualità: che prospettive ci sono sul fronte dell’aumento dei costi delle materie prime e della logistica, specie per una realtà globale come la vostra?
                      Purtroppo lo scenario è chiaro a tutti e le cause dei rincari sono oggettive; nel nostro caso, poi, il cambio euro-dollaro è particolarmente penalizzante. Allo stato attuale c’è una forte pressione sul sistema; sistema che di per sé è già abbastanza limitato dal punto di vista delle marginalità. Quindi è chiaro che questi aumenti, al netto delle speculazioni che qualcuno ha provato a innescare, debbano essere riconosciuti dal mercato. Non farlo sarebbe pericoloso. Se l’unica alternativa, in un contesto negativo, è quella di sopravvivere, il rischio è che qualcuno prenda scorciatoie che possono penalizzare tutti, mettendo in discussione valori fondamentali come il lavoro, o la sicurezza alimentare.

                      Veniamo a lei: da un anno in Dole Italia dopo quasi quattro anni in Ferrero. In base alla sua esperienza, crede che l’ortofrutta potrà mai avere lo stesso appeal di un Ferrero Rocher e la stessa popolarità della Nutella?
                      Agli occhi dei consumatori potrebbe averne anche di più, di appeal, rispetto a un cioccolatino. Il trend di lungo periodo lo conferma. L’ortofrutta è un prodotto healthy, sano per natura, se parliamo di potenziale, non c’è nessun dubbio che ce ne sia in abbondanza. C’è fermento nel settore ed è in corso un lavoro molto consistente per sviluppare nuove categorie con ampio margine per l’innovazione: penso ad esempio all’esotico e in primis alla banana, a prodotti che sono già mainstream, alla quarta gamma e alla frutta pronta al consumo. C’è tanto lavoro da fare in questo senso, con pazienza, con fantasia e migliorando una cultura di marketing a volte limitata, sia a livello di aziende e brand che di sistema.

                      Come si fa innovazione in ortofrutta?
                      Bisogna lavorare per rendere il prodotto sia più interessante che più fruibile, comodo da consumare da un lato, di appeal dall’altro. La convenience è un tema centrale, un altro tema fondamentale è quello del gusto: due driver che da sempre guidano l’innovazione varietale. E a proposito di varietà, vanno inseguiti i nuovi trend, proponendo sempre nuovi gusti, nuove idee, nuove tipologie di prodotto. Al contempo supportando una cultura alimentare più varia, stimolando l’apertura alla novità. Pensiamo ad esempio all’avocado, che oggi ormai è diventato un prodotto di uso quotidiano, in un contesto in cui sempre più italiani si aprono alle cucine di altri paesi.

                      Questo vale in particolare per un target più giovane?
                      Sicuramente i consumatori giovani sono più aperti alla novità. Il cambiamento forte lo fai lavorando sulle nuove generazioni, che per natura sono più propense allo scambio culturale e a provare cose differenti. Però ci sono anche proposte che si possono rivolgere a fasce di popolazione più ampie. Ad esempio la quarta gamma: chiunque domani torni a lavorare in ufficio, sarà un consumatore abituale di frutta pronta al consumo. Convenience e gusto, dicevamo prima: ma soprattutto convenience, altrimenti si finisce per comprare il prodotto nelle vending machine.

                      Prima ha parlato di prodotti mainstream: quali sono?
                      Il kiwi ad esempio. Lo sviluppo delle tipologie a polpa gialla e rossa è la dimostrazione di come prodotti conosciuti già da tanti anni, con un livello di penetrazione medio-alto, possano, attraverso lo sviluppo di nuove varietà, aumentare la propria proposta dal punto di vista del valore e attirare nuovi target.

                      Come valorizzare al meglio l’esposizione in punto vendita?
                      Vedo nelle tante nuove aperture dell’ultimo periodo un grande lavoro da parte degli operatori della Gdo nel valorizzare il reparto ortofrutta. I retailer negli ultimi anni hanno capito definitivamente che l’ortofrutta è uno di quegli elementi che può fare la differenza, nella scelta dello shopper. Certo, si può fare ancora di più. Si può ad esempio lavorare meglio sull’assortimento, che a volte ha delle carenze, altre una sovra offerta. Sulle proposte, a volte troppo sbilanciate su convenienza e prezzo: una logica che si può comprendere, ma che non deve mai essere a discapito della qualità. Infine c’è ancora tanto da fare in fatto di sostenibilità, lotta allo spreco e comunicazione.

                      A proposito di comunicazione, “Il sole anche quando non c’è” è la vostra nuova campagna pubblicitaria (leggi qui). Quanto è importante, anche per un’azienda del settore ortofrutticolo, comunicare messaggi positivi, specie in un momento storico come quello che stiamo attraversando?
                      Io credo che sia fondamentale investire in comunicazione, anche per categorie come la nostra. Abbiamo investito su questa nuova campagna dal concept fortemente positivo perché pensiamo che l’ortofrutta sia il prodotto ideale per questo. L’ortofrutta non è solo salute, è anche gioia. È bello mangiare frutta e gioire dei benefici che questa porta, cogliendo alcuni momenti della giornata come occasioni per stare bene. A questa filosofia si ricollega anche il nostro sostegno al mondo dello sport, con iniziative rivolte non tanto a chi compete a livello agonistico, ma a tutte le persone che praticano sport abitualmente, per il loro benessere.

                      Prossime novità su questo fronte?
                      Stiamo sviluppando un piano di comunicazione sempre più importante e con tante iniziative che ci permetteranno di presidiare il mondo dello sport e del benessere con continuità assoluta durante il corso dell’anno.

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