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                      Ortofrutta in difficoltà. Rivoira: “Tutti parlano di covid, nessuno dei problemi reali”

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                      Mele della varietà Royal Gala

                      Il mercato rallenta, i costi si impennano, una parte della forza lavoro è a casa in quarantena. E chi ha la responsabilità della filiera? Fa orecchie da mercante, guai parlare di rialzo dei prezzi. È una campagna molto complessa, quella che sta vivendo la mela italiana. Il grido d’allarme viene da Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira di Verzuolo (CN), tra le aziende leader in Europa nella produzione e commercializzazione di frutta, in particolare mele, kiwi, ciliegie, pesche e nettarine. Una situazione, dai tratti drammatici, che coinvolge tutto il settore ortofrutticolo e che mette a rischio l’innovazione varietale. Rivoira: “Un settore che non si rinnova è un settore che muore”

                      di Eugenio Felice

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                      Mele della varietà Royal Gala

                      Il mercato d’oltremare si sta fermando – dichiara Marco Rivoira – gli importatori stanno abbassando gli ordini per le incertezze legate all’evoluzione della pandemia da coronavirus. Per la maggior parte delle destinazioni ci vogliono 30 e più giorni di navigazione e chi può prevedere oggi come saremo messi tra un mese? Quando la gente ha paura non fa programmi di lungo termine. In India, ad esempio, da fine dicembre è tornato il coprifuoco notturno nella maggior parte delle regioni. In Italia la situazione non è migliore: il clima di allarmismo legato alla pandemia, trasferito dai media con i giornali e le televisioni che non parlano d’altro, ha rallentato i consumi e la filiera, invece di sostenere i produttori, fa orecchie da mercante”.

                      Il problema – aggiunge Rivoira – non è solo una stagione con vendite a rilento, con Wapa che parla di stock di mele in Europa a +6,8% rispetto a un anno fa. Il problema sono anche i costi energetici che sono andati alle stelle, cresciuti in pochi mesi del +350%. Per un’azienda come la nostra che fa frigoconservazione significa centinaia di migliaia di euro in più ogni mese solo per tenere attaccata la spina. Poi ci sono i costi della logistica, schizzati anche quelli alle stelle e con problemi a reperire camion e container. Si aggiungono i maggiori costi per il packaging, mediamente siamo a +25%. Tutti i nuovi casi di covid, poi, non stanno riempiendo gli ospedali ma stanno riducendo in modo drammatico la forza lavoro. Questo impatta su tutta la filiera”.

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                      Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira

                      Non oso pensare – sottolinea Rivoira – a cosa potrebbe succedere se accadrà quello che prevede l’OMS, cioè che entro due mesi il 50% degli europei sarà contagiato da Omicron. Già adesso abbiamo 8 milioni di italiani in quarantena. Con le regole attuali significherebbe bloccare le attività produttive, anche quelle essenziali. Perché se manca il personale il motore si ferma. Si passerebbe da una situazione drammatica, quella di oggi, a una catastrofica. Prima che ciò succeda, è auspicabile che cambino le regole legate alla quarantena e all’isolamento, tenendo conto dell’impegno degli italiani verso la vaccinazione quasi al 90% e la pericolosità di Omicron che nelle persone sane e vaccinate non differisce da una normale influenza, come ribadito dall’OMS”.

                      Invito la grande distribuzione – conclude Marco Rivoira – a prendersi carico dei problemi della filiera ortofrutticola, sostenendola, perché ne è responsabile, altrimenti tutti i discorsi sul fare partnership diventano aria al vento. Il rischio concreto è che i produttori, quelli che sopravviveranno a queste annate rese già molto difficili dalle avversità climatiche e dagli attacchi di insetti, smettano di fare rinnovamento varietale e questo andrebbe a penalizzare le vendite del reparto ortofrutta e alla fine il consumatore finale, che già non è un grande mangiatore di ortofrutta a vedere l’ultimo rapporto Eurostat. Un settore che non si rinnova è un settore che muore. È questo che vogliamo? Parliamo meno di covid, tamponi, report giornalieri, discutiamo di come salvare l’economia e il Paese”.

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