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                      Plastica, bioplastica e materiali alternativi: sul packaging si accende il dibattito

                      Dal lancio, nel 2018, della campagna europea per la riduzione della plastica, questo materiale è diventato un problema da gestire per le aziende del food&grocery e della grande distribuzione, chiamate a ridurne in modo massiccio l’impiego e l’utilizzo. È diventato anche oggetto di un vero e proprio attacco mediatico, in alcuni casi correlato a una certa disinformazione sul tema. Parlando di imballaggi per ortofrutta, qual è la soluzione migliore? Alberto Maso, direttore vendite Italia di Nespak, ci ha dato alcuni spunti di riflessione che hanno acceso il dibattito sul web e sui social. Riportiamo in particolare la replica di Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira, protagonista insieme a Bio-on di un nuovo progetto – Zeropack – che prevede l’utilizzo di un materiale 100% naturale e biodegradabile per il packaging di frutta e verdura fresche

                       

                      Dalla Redazione

                       

                      packaging plastica ortofruttaQuello del packaging è uno dei temi più dibattuti nell’attuale scenario ortofrutticolo e distributivo. Dal lancio, nel 2018, della campagna europea per la riduzione della plastica, che prevede obiettivi ambiziosi di recupero di questo materiale e la progressiva eliminazione di tutti i prodotti plastici monouso, molti attori della grande distribuzione e molte aziende – tra cui alcuni big player mondiali del food&grocery – si sono impegnati per aumentare la propria sostenibilità, riducendo o in alcuni casi eliminando del tutto la plastica. È anche sotto gli occhi di tutti come questo materiale stia subendo un vero e proprio attacco mediatico: se abbandonato nell’ambiente ha conseguenze devastanti su di esso, questo è certo, ma va anche detto che il problema – se parliamo dei prodotti plastici – sta nella loro corretta gestione a fine vita. Se parliamo di confezioni per alimenti, poi, non è sempre facile trovare una soluzione alternativa ai polimeri. “Bioplastica”, cartone, R-Pet (platica riciclata): qual è la soluzione migliore? Alberto Maso, direttore vendite Italia packaging ortofrutta di Nespak, in un articolo inviato alla redazione (leggi qui) ci ha dato alcuni spunti di riflessione che hanno acceso il dibattito sul web e sui social.  

                       

                      “Alberto Maso è senz’altro un autorevole commentatore, anche perché il suo business principale è la plastica classica. Oggi ci sono delle soluzioni alternative presentate da Zeropack a Berlino che non pretendono di risolvere il problema, ma di creare un’alternativa sostenibile e naturale”, è replica puntuale di Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira, maggiore operatore privato del settore mele in Italia. Rivoira, insieme a Bio-on, è infatti protagonista di un nuovo progetto lanciato a Fruit Logistica che prevede l’utilizzo di un nuovo materiale per il packaging di frutta e verdura fresche che punta sulla sostenibilità e sulla completa biodegradabilità (leggi qui).

                       

                      Rivoira packaging plastica Fm

                      Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira (copyright: Fm)

                      “Tutti noi sappiamo che non si può fare a meno della plastica tradizionale, perlomeno per qualche decennio ancor,a ma dobbiamo cercare alternative in ogni direzione. – continua marco Rivoira – Provando a rispondere al caro Alberto, direi che condivido il fatto che non esista un prodotto a impatto zero, tuttavia lo può limitare, l’impatto ambientale del packaging, per esempio producendo bioplastica utilizzando gli scarti vegetali di settore, che rappresentano un costo per le aziende. Anche il costo del materiale rappresenta un problema molto marginale, perché essendo un prodotto innovativo deve creare valore aggiunto al prodotto di base commercializzato, e oggi il marketing dimostra che un prodotto può essere venduto fino al doppio del prezzo nella stessa categoria merceologica (pensiamo alle mele cosiddette club che si sono guadagnate la fiducia del consumatore negli ultimi anni)”.

                       

                      “Vorrei anche sfatare un mito sull’R-Pet e sulla classica economia circolare della plastica, che ritengo sia un modo per sgravarsi la coscienza. – conclude Rivoira – Alberto Maso sottolinea come Nespak certifichi la propria produzione con una quantità di PET riciclato post-consumo che oscilla tra l’80% e il 100%. Tuttavia dobbiamo preoccuparci della percentuale del processo di riciclo, ovvero quanta plastica ritirata viene effettivamente riciclata. Uno può utilizzare anche il 100% R-Pet, ma se questo materiale rappresenta, sul totale di plastica prodotta, meno del 20%, è assolutamente irrilevante e non porta ad alcuna soluzione. Vogliamo poi parlare del fatto che, per riciclare, si inquina tantissimo, in quanto il prodotto deve essere raccolto, trasportato, diviso (scartato), ri-lavorato (chimica) e ri-ri-trasportato nuovamente per l’utilizzo finale? La vera economia circolare sta nel produrre una bioplastica totalmente naturale (senza l’ausilio della chimica), derivante dagli stessi scarti agricoli, per creare packaging per il prodotto che va al consumatore. Mele con alveolo (chissà… magari Nespack) fatto con le stesse mele di scarto? Oggi la tecnologia per farlo c’è. Non sarà una soluzione al problema nel suo insieme, ma è un grande passo avanti”.

                       

                      Maso packaging plastica Fm

                      Alberto Maso, direttore vendite Italia packaging ortofrutta di Nespak (copyright: Fm)

                      “Ringrazio Marco Rivoira per il suo intervento sul tema in questione che considero molto interessante e stimolante. – replica a sua volta Alberto Maso – Nespak è un’azienda che non produce materie prime plastiche, ma le trasforma, producendo anche le “bioplastiche” come il PLA e il MaterBi, e quindi è molto interessata a iniziative come quella intrapresa dalla ZeroPack guidata da un imprenditore coraggioso e lungimirante come Rivoira con cui, non è detto, non si possa instaurare in futuro una proficua collaborazione!”.

                       

                      “Nespak attualmente, con le aziende del proprio gruppo (Groupe Guillin), produce e vende imballaggi per il settore frutta e verdura freschi per un fatturato complessivo intorno ai 200 milioni di euro, di cui la maggior parte sono plastici di origine fossile. – aggiunge Maso – Allo stato attuale, come ammesso dallo stesso Marco, non ci sono concrete possibilità di poter riconvertire tutta la produzione, ma questo non significa che non si possa fare nulla! Come detto, le bioplastiche sono già una soluzione che stiamo adottando, ma per problemi di disponibilità, caratteristiche tecniche e costi, oggi sono in grado di rispondere alle esigenze del mercato solo in misura modesta, anche se in un prossimo futuro ci auguriamo che le cose cambino. Il cartone, per esempio, è senza dubbio un’altra bella alternativa, ma chi conosce il settore sa bene che, proprio per le sue caratteristiche, anche in questo caso, non può sostituire molti dei contenitori plastici utilizzati per il confezionamento di frutta e verdura. Quindi concretamente, per ridurre l’attuale impatto del packaging plastico in tempi brevi nel nostro settore, ed elevarne il livello di sostenibilità, crediamo che una strada fondamentale sia il suo il corretto riciclo! Marco dice che, per quanto Nespak possa riciclare, il problema non si risolverà: vero! Ma è evidente che Nespak, con tutta la buona volontà del mondo, non potrà mai risolvere da sola il “problema del packaging plastico”, su cui occorre evidentemente un intervento concreto e fattivo della politica e delle istituzioni a livello nazionale e comunitario… ma qui mi fermo!”.

                       

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