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                      Quick commerce: in Australia Voly sospende le consegne. Delivery in crisi?

                      In Australia la start up di quick commerce Voly, dopo un round di finanziamenti da 18 milioni seguiti però da due tranche di licenziamenti, ha sospeso fino a nuovo avviso le consegne di generi alimentari e chiuso la maggior parte degli account social. Poco tempo prima la sua competitor Send – che come Voly prometteva la consegna in 15 minuti – dopo meno di un anno di vita è stata posta in amministrazione controllata. Una sorte simile è toccata a Quicko, che portava la spesa in slot da due ore. Tutte nate con la pandemia, queste start up sembra che stiano facendo fatica a rimodulare il percorso in un momento in cui le persone possono riappropriarsi degli spazi simbolo della normalità, come il supermercato, e contemporaneamente i clienti tendono a “stringere la cinghia” vista l’inflazione che avanza

                      Dalla Redazione

                      quick commerce voly

                      dal profilo LinkedIn di Voly

                      Tempi difficili per il quck commerce che, con la “nuova normalità” che si sta vivendo dopo i vari periodi di lockdown, deve ora fare i conti con i consumatori che cercano di riappropriarsi della vita precedente alla pandemia e uscire dalle mura domestiche, ma anche con il lavoro in alcuni casi più incerto e il carovita che mette a dura prova le finanze dei consumatori. In questi mesi si sono susseguite notizie di aziende del quick commerce che annunciavano ridimensionamenti, chiusure di alcuni mercati o acquisizioni tra loro per essere più forti e iniziare a camminare con le proprie gambe (ne abbiamo parlato qui). In Italia, ad esempio, abbiamo avuto il caso di Gorillas che ha deciso di ritirarsi dal Belpaese.

                      Ma c’è anche chi sembra voler “tagliare la corda” senza troppo rumore: è il caso di Voly, start up australiana di consegna a domicilio della spesa con sede a Sydney. Lanciata nel luglio 2021 con la promessa di consegnare la spesa in 15 minuti o meno, ha cessato le consegne venerdì sera avvisando i propri clienti tramite un messaggio in cui si leggeva che Voly è “chiusa fino a nuovo avviso”: l’app risultava attiva, era possibile riempire il carrello virtuale ma non era possibile completare l’ordine.

                      Una chiusura “silenziosa” che non è passata inosservata: Voly infatti non solo ha interrotto le consegne ma ha anche cancellato la maggior parte della sua presenza sui social media senza dire nulla. Nello specifico non è più su Instagram e Facebook. L’account Twitter è ancora attivo, ma non ci sono follower e i tweet sono protetti. L’azienda è ancora presente anche su LinkedIn.

                      L’interruzione delle consegne è stata notata per la prima volta da Startup Daily quando il suo redattore Simon Thomsen ha provato a fare un ordine venerdì sera. A seguire hanno provato altre testate con lo stesso risultato. Come riporta la testata Smart Company, una fonte vicina all’azienda – non confermata – ha fatto sapere alla testata che si tratterebbe di uno stop definitivo, non di uno stand by momentaneo. “A quanto mi risulta, la start up del quick commerce Voly non è più operativa a causa della mancanza di capitali per continuare le operazioni”, ha fatto sapere la fonte.

                      Una mossa – come ha fatto sapere l’Australian Financial Review – che arriva pochi giorni dopo l’avvio di una seconda tranche di licenziamenti da parte di Voly, che ha tagliato il personale per la seconda volta in sei mesi, meno di un anno dopo aver raccolto 18 milioni di dollari australiani in un round di finanziamento. Infatti, a giugno era stata licenziata metà del personale d’ufficio ed erano stati chiusi i magazzini, poche settimane dopo il fallimento della rivale Send. Tutto ciò nonostante le dichiarazioni dei co-ceo e co-fondatori Mark Heath e Thibault Henry che a inizio 2022 affermavano che l’azienda aveva un margine di manovra sufficiente per continuare a lavorare fino a febbraio 2023.

                      La startup rivale Send, che prometteva consegne in 10 minuti dai dark store di Sydney e Melbourne, è finita in amministrazione controllata a meno di 12 mesi dal lancio. Una sorte simile è toccata a Quicko, che offriva una gamma più ampia di prodotti da consegnare entro due ore, e che ha chiuso a metà marzo 2022. Entrambe le startup erano state fondate durante la pandemia e avevano raccolto capitali per decollare, unendosi a concorrenti come Milkrun e Voly per conquistare clienti sempre più alla ricerca di opzioni alimentari veloci e convenienti.

                      Voly serviva 42 quartieri di Sydney, ma più recentemente aveva ridimensionato i quartieri in cui consegnava, concentrandosi a sud dell’Harbour Bridge, nei quartieri orientali, nel CBD e nell’Inner West. Contemporaneamente aveva aumentato i tempi di consegna da 15 a 20 minuti e aveva interrotto i piani di espansione a Melbourne. Tra i finanziatori di Voly figurano Sequoia Capital India, Global Founders Capital e Artesian Capital, con sede in Australia. Voly si trova così oggi con dei competitor in meno, ma anche con un rivale più finanziato di lei: Milkrun, la startup di consegna a domicilio che a gennaio ha ricevuto 75 milioni di dollari da Tiger Global, Doordash e UberEats.

                      Con la pandemia – come sappiamo bene – il mercato della consegna di generi alimentari a domicilio e in tempi brevi è fiorito. “Durante il lockdown, anche quando la Gdo non era sommersa di ordini non riusciva comunque a consegnare la spesa in pochi minuti o in poche ore, soprattutto la sera. Startup del quick commerce come Send, Quicko, Milkrun e Voly pensavano tutte di essere sulla giusta strada – osserva il professore Gary Mortimer, ricercatore in materia di commercio al dettaglio e comportamento dei consumatori alla Queensland University of Technology -. Ma il piano economico per la consegna rapida di generi alimentari è sempre molto difficile. E ora, che i clienti non hanno più paura di entrare nei negozi fisici e l’inflazione avanza, è ancora più difficile”.

                      A questo si aggiungono i costi per tenere in piedi tutta la rete di ‘dark store’: “Il patrimonio immobiliare necessario per una rete di magazzini è molto costoso in città, soprattutto in grandi città come Sydney e Melbourne. Se a ciò si aggiungono i prezzi elevati del carburante, è difficile ottenere un profitto consegnando generi alimentari per 30-40 dollari” sottolinea Mortimer.

                      E in tempi di inflazione come questi – Australia compresa – anche i consumatori più abbienti non vogliono pagare più del dovuto per la spesa. “Quindi, come cifra indicativa, immagino che queste startup del quck commerce dovrebbero far pagare una tariffa di consegna di 10-15 dollari per avere qualche speranza di andare in pareggio. Ma Send, per esempio, applicava una tariffa di consegna di soli 3 dollari” conclude Mortimer. A questo si aggiunge il fatto che storiche insegne della GDO classica in Australia (come possiamo però vedere anche in Europa) sono determinate a proteggere la loro quota di mercato investendo nello sviluppo della loro infrastruttura di e-commerce per consegnare la spesa in due ore.

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