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                      Sardegna, l'incendio a Oristano si è esteso su oltre 20 mila ettari

                      La Sardegna è stata colpita al cuore dal più vasto incendio a memoria d’uomo, che ha cancellato oltre 20 mila ettari di macchia mediterranea in provincia di Oristano, un’area collinare e montana ricca di biodiversità, con ulivi secolari e millenari e tanti allevamenti di pecore, mucche e cavalli. Salvatore Lotta (OP Campidanese): “L’incendio non ha avuto per nostra fortuna conseguenze sulla produzione di orticole, meloni e angurie. Siamo avviliti per quanto successo. Ci stiamo organizzando per portare aiuto alle comunità colpite”. Francesco Caboni (OP Terrantiga Apicoltori Sardi): “Questi pendii esprimevano uno straordinario miele millefiori. Nell’incendio sono state annientate decine di milioni di api, autentiche custodi della biodiversità”

                      di Eugenio Felice

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                      Sardegna, l’incendio a Oristano si è esteso su oltre 20 mila ettari di area collinare e montana

                      Sono circa 1.500 le persone sfollate e più di 20 mila gli ettari di terreno bruciati a causa del grave incendio che nel fine settimana tra il 23 e il 25 luglio 2021 sono divampati nella provincia di Oristano, nella Sardegna centro-occidentale. 7.500 le persone impegnate a prestare soccorso. L’incendio ha distrutto boschi, oliveti, campi coltivati, aziende e case, e i vigili del fuoco sono stati al lavoro per quasi una settimana per cercare di spegnere completamente le fiamme, con i Canadair (in realtà i Viking Air 415), provenienti anche dalla Francia e dalla Grecia, che per giorni e giorni hanno sorvolato le aree interessate dall’incendio riversando l’acqua raccolta in mare, spesso proprio di fronte alle spiagge frequentate dai turisti.

                      Gli incendi erano iniziati venerdì sera 23 luglio in una zona boscosa del massiccio del Montiferru. Il vento e le alte temperature avevano alimentato le fiamme, che nella giornata di sabato avevano raggiunto i centri abitati di Santu Lussurgiu e di Cuglieri, e successivamente quello di Sennariolo. L’incendio aveva infine raggiunto anche Porto Alabe, località turistica di mare dove circa 200 persone hanno dovuto lasciare le proprie case. Le fiamme hanno distrutto anche l’olivastro millenario “Sa Tanca Manna”, simbolo della città di Cuglieri. La colonna di fumo è stata portata dal vento anche nella pineta di Is Arenas rendendo l’aria irrespirabile. Nell’agosto del 1994 la zona del Montiferru era stata già colpita da un gravissimo incendio, risultato poi doloso.

                      Per far capire le dimensioni dell’incendio basti pensare che è andata in fumo un’area di oltre 200 chilometri quadrati, superiore alla città di Milano, 28.000 campi da calcio messi insieme. La linea di fuoco di 50 chilometri ha annientato la biodiversità dell’area. Le produzioni agricole colpite sono in particolare l’olivicoltura, l’allevamento (mucche, bue rosso, pecore, cavalli), l’apicoltura, ma anche la viticoltura e la castanicoltura. La macchia mediterranea distrutta dalle fiamme sarà difficilissima da ricostituire: un bosco e un sottobosco che rappresentavano un patrimonio di aromi e odori tipici del mondo sardo. Il corbezzolo, il cisto, il lentischio, il timo selvatico. È come se fossero andate in fumo intere biblioteche storiche.

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                      OP Agricola Campidanese: Il manifesto pubblicato su alcuni organi di stampa

                      L’ortofrutta, per fortuna, non è stata colpita dall’incendio, che ha interessato sostanzialmente zone collinari e montane. A confermarcelo è Salvatore Lotta, direttore commerciale di OP Agricola Campidanese, che ha sede a Terralba, proprio in quella provincia di Oristano pesantemente colpita dall’incendio. “Le produzioni dei nostri associati di meloni, angurie e ortaggi avvengono in zone pianeggianti sia a Oristano che in altre province della Sardegna. Sono scampate quindi al terribile incendio che ha devastato il Montiferru e le aree limitrofe. È una magra consolazione, siamo avviliti per quanto successo, mi chiedo come la mano dell’uomo possa causare una simile distruzione e quale possa esserne il tornaconto. È pazzia allo stato puro, siamo esterrefatti“.

                      Ritengo che si possa e si debba fare di più – aggiunge Salvatore Lotta – per prevenire gli incendi e soprattutto per impedire che si estendano così rapidamente su aree così vaste. Non si possono lasciare in stato di abbandono i boschi e i terreni incolti in mano a persone che non se ne prendono cura. Ci siamo uniti fin da subito – aggiunge il direttore commerciale di OP Agricola Campidanese – alle azioni di solidarietà a sostegno delle comunità colpite da questa catastrofe ambientale, organizzando dei carichi di foraggio per l’alimentazione degli animali sopravvissuti, nelle aziende dove le scorte sono state distrutte dal fuoco. Azioni di solidarietà cui si è unita anche La Linea Verde Spa con cui collaboriamo da anni per le insalate di quarta gamma”.

                      Abbiamo contattato anche OP Terrantiga Apicoltori Sardi, con cui OP Agricola Campidanese collabora per un progetto di salvaguardia delle api (ne abbiamo parlato qui). “Il Montiferru era un polmone verde che esprimeva una straordinaria biodiversità“, ci riferisce il presidente Francesco Caboni. “Oltre ai capi da allevamento, è stata sterminata la fauna selvatica. I danni sono enormi e ci vorranno decenni per il ripristino. Nell’incendio sono andati distrutti anche migliaia di alveari. Solo per i soci della nostra OP stimiamo una perdita dai 300 ai 600 alveari, vale a dire da 15 a 30 milioni di api, considerando che ogni alveare ha una popolazione di 50 mila individui. Nel Montiferru – sottolinea amareggiato – si produceva uno straordinario miele millefiori“.

                      Da parte nostra – spiega Francesco Caboni – continueremo a portare degli alveari sul Montiferru, per contribuire alla rinascita dei territori. La palla ora passa alla politica regionale e nazionale, che deve capire che solo con un rimboschimento intelligente e con regole precise si può fare vera prevenzione. Il problema è che molti allevatori e coltivatori oggi non possono nemmeno pulire il sottobosco. C’è troppa burocrazia – denuncia il presidente di OP Terrantiga – che è andata oltre il buon senso. Bisogna capire che l’agricoltore è il primo custode del territorio, eppure viene sempre meno considerato. Ci crediamo un popolo moderno e avanzato, eppure non siamo capaci, nel 2021, di evitare una devastazione del genere che impatta sull’economia di un’intera regione”.

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