Dalla Redazione
Insetti? Alghe? “Carne in provetta”? Da anni ormai si susseguono proposte più o meno nuove per fornire in grandi quantità cibi sani e nutrienti. Tra tutti, sembra che le alghe non siano più un “possibile cibo del futuro” ma già una realtà consolidata. In effetti in Asia le alghe sono da tempo un cibo d’uso comune, tanto che l’oriente “coltiva”, soprattutto in acquacoltura, il 95% della produzione mondiale. Ma qualcosa si sta muovendo anche in Europa: in Italia – come rivela un sondaggio di Fedagripesca-Confcooperative – l’80% dei cittadini si dichiara più propenso al consumo di alghe, rispetto al consumo di piatti che vedono tra gli ingredienti gli insetti. In effetti oggi il Belpaese conta una decina di aziende, attive soprattutto nella fase di trasformazione delle alghe e nella produzione della micro alga spirulina (leggi qui). Inoltre, le vendite in Italia sono aumentate del 14,4% nell’ultimo anno, mentre la produzione mondiale è arrivata a sfiorare i 180 milioni di tonnellate di alghe.
Dal canto suo, l’Unione Europea sta puntando a creare una filiera strutturata di algacoltura e stima che, entro il 2023, questo mercato quintuplicherà il giro d’affari, arrivando a 9 miliardi di euro per 85 mila nuovi posti di lavoro.
In Europa, tra il 2011 e il 2015, la domanda di prodotti alimentari e bevande contenenti alghe marine è aumentata di 2,5 volte. Il progressivo aumento della popolazione vegetariana e vegana nell’UE, attualmente stimata in circa 75 milioni di persone, e la maggior attenzione dei consumatori per l’ambiente e la salute, determineranno un aumento della domanda di prodotti alimentari e non alimentari di origine vegetale, compresi quelli a base di alghe. Qui il rapporto completo.
Il settore in Italia. In Italia la vera opportunità sta nell’allevamento delle alghe, un settore appena nato della blue economy che può dare una risposta positiva alla crescente richiesta in campo medico, estetico e alimentare. Una filiera che in Italia potrebbe valere un miliardo di euro, come sottolinea al Sole 24Ore Paolo Tiozzo, vicepresidente Fedagripesca-Confcooperative. “In questo mercato dominato dalle alghe essiccate importate dall’Oriente – spiega Tiozzo – noi vorremmo puntare su quelle da raccolta selvaggia e lavorate a fresco, in modo che conservino il loro patrimonio nutrizionale”.
Caratteristiche e opportunità. Le alghe sono efficaci nel catturare l’anidride carbonica e nel produrre ossigeno, sono povere di grassi e ricche di fibre alimentari, micronutrienti e composti bioattivi e vantano la presenza di grassi Omega3 di cui sono una delle poche fonti vegetali. Per questo le alghe sono spesso presentate come un alimento sano e ipocalorico e alcune specie sono note per il loro contenuto proteico particolarmente elevato. Inoltre, sono coltivabili 365 giorni l’anno praticamente ovunque (le micro alghe, come la spirulina, possono essere coltivate in impianti su terraferma). Le alghe, inoltre, sono un buon esempio di economia circolare in quanto possono essere utilizzate nella loro interezza come alimento, oppure se ne possono estrarre solo i principi attivi per il campo farmaceutico o cosmetico, mentre gli scarti possono essere utilizzati come biomassa per biocarburante, o ancora come base per tessuti naturali o come fertilizzante.
L’Osservatorio Immagino ha condotto una ricerca dalla quale è emerso che le alghe compaiono sulle etichette di 23 prodotti, dai frullati alla pasta ai succhi freschi, con vendite aumentate del 14,4% nell’arco degli ultimi 12 mesi. La start up romana SuperNaturale ad esempio ha varato un progetto per farle conoscere a chef e consumatori. Ha aperto il centro di divulgazione Algae Lab e ha selezionato quelle ottenute in modo sostenibile in diverse parti d’Europa per venderle in Italia, prima in bar e ristoranti e poi, da fine 2023, anche in Gdo. Le prime, già in distribuzione, sono quelle a marchio La Patrona provenienti dalla Galizia, le prossime saranno quelle delle Isole Faroe.
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