di Eugenio Felice
Sembrava ormai un piatto scotto quello delle arance rosse negli USA. Almeno a quanto viene riportato dalla rivista Produce Business, riferimento oltreoceano per l’informazione del settore ortofrutta, in un articolo pubblicato il 3 giugno 2020 (leggi qui). Si racconta dell’eccellenza della produzione frutticola di Australia e Nuova Zelanda. In particolare, il settore degli agrumi è esploso nel Paese dei canguri, raddoppiando i volumi in esportazione negli ultimi 10 anni, per un valore di 290 milioni di dollari americani nel 2019. Se però sono aumentate notevolmente le spedizioni verso l’Asia, sono progressivamente calate quelle verso il Nord America, a causa dei costi di manodopera e trasporto più alti rispetto ad altre origini, Cile in particolare, nonostante in termini qualitativi gli agrumi australiani siano considerati tra i migliori del mondo, se non i migliori in assoluto.
Insomma c’è un problema di costi di produzione elevati rispetto ad altre origini e di lunghe distanze che incidono sia sui costi che sulla “tenuta” dei frutti. Un problema ben noto anche alla produzione agrumicola italiana. Nell’articolo di Produce Business, però, si riporta l’esempio delle arance rosse, chiamate in inglese “blood oranges” (arance sanguigne), dell’azienda dello Stato di Vittoria Pinnacle Fresh. Ci troviamo nella punta sud-orientale dell’Australia, che guarda la Tasmania. Quest’azienda, che ha investito anche in un ufficio focalizzato sull’import a Kingsburg, in California, rappresenta la classica eccezione alla regola. “Quando andai negli Stati Uniti 5 anni fa, le arance rosse erano in fase di declino, specialmente quelle importate, perché troppo costose”, spiega Daniel Newport, account manager di Pinnacle Fresh USA.
Dove gli altri vedevano ostacoli, Newport ha visto delle possibilità. È così che ha pensato di sviluppare nel 2017 un brand chiamato Dracula Blood che legasse la caratteristica principale delle arance rosse, cioè la loro pigmentazione interna, a una delle ricorrenze più famose in Nord America, cioè la festa di Halloween. Precisiamo che l’Australia è nell’Emisfero Sud, quindi la stagione è invertita rispetto all’Italia, spostata in avanti di 6 mesi. Sugli imballaggi in cartone è stato disegnata una raffigurazione di Dracula mentre morde un’arancia, con il sangue che cola dalla bocca. È stato da subito un successo. “Entriamo nel mercato americano a settembre – sottolinea Newport – per raggiungere il picco a ottobre, mese di Halloween. Nelle settimane clou spingiamo con delle in-store promotion. Abbiamo rivitalizzato una commodity, superando tutte le aspettative che avevamo per il brand”.
Le parole sono supportate dai fatti: 7 container inviati nel 2017, 19 container nel 2018, 35 container nel 2019. Tra i gruppi distributivi che hanno sposato il brand Dracula Blood ci sono anche i top player: Whole Foods, Sprouts e Wegmans (il supermercato che ha ispirato Esselunga). Il successo dell’iniziativa ha spinto i supermercati a richiedere di usare il brand anche con gli altri agrumi, così Pinnacle Fresh lo ha ora esteso anche ai mandarini e alle arance della varietà Cara Cara (buccia spessa, polpa rossa). “Con l’aumento dell’assortimento – conclude Newport – ci siamo posti per il 2020 l’obiettivo di arrivare a 70 container di agrumi a marchio Dracula Blood”. Un esempio quindi di come il marketing possa aprire nuove strade commerciali. Una funzione purtroppo poco considerata dalle aziende italiane del comparto, normalmente focalizzate sulle vendite day by day.
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