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                      Coronavirus, per le arance il boom di vendite ha portato a prezzi record

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                      Arance nello Spazio Conad di Bussolenfo (Vr) il 31 marzo 2020 (copyright: Fm)

                      Alti e bassi da coronavirus. Cambiano le abitudini di acquisto degli italiani e cambiano le perfomance dei diversi prodotti ortofrutticoli. Giù i prodotti a brevissima scadenza, su i prodotti a più lunga conservazione. È così che in epoca di emergenza sanitaria da Covid-19, c’è chi soffre come i produttori di fragole, di frutti di bosco e di insalate in busta, e c’è chi sorride come i produttori di patate, di cipolle e di agrumi. In particolare per le arance rosse, nel mese di marzo, grazie anche all’alto contenuto di vitamina C e quindi al contributo al rafforzamento delle difese immunitarie, si sono raggiunti prezzi record sia in produzione che in vendita. Cartellini con punte oltre i 3,00 euro al chilo in grande distribuzione e attorno ai 4,00 euro nei fruttivendoli forse non si erano mai visti a fine marzo. E mentre la campagna volge al termine, la filiera si interroga: “Ma allora non è obbligatorio vendere sottocosto?”

                      di Eugenio Felice

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                      Agrumi nello Spazio Conad di Bussolenfo (Vr) il 31 marzo 2020 (copyright: Fm)

                      Mentre gli italiani attendono di sapere quando sarà raggiunto il picco della diffusione del coronavirus, nella più totale incertezza di quando si potrà tornare a una vita normale, con la consapevolezza che questa pandemia globale potrebbe segnare l’umanità più ancora delle guerre mondiali, le arance rosse della Sicilia stanno vivendo un momento di grazia che nessun operatore poteva immaginare solo tre mesi fa, quando ancora vivevano la classica situazione di ristagno tra sottocosto e promozioni. Se qualche consumatore finale nelle ultime settimane ha avuto di che lamentarsi dei prezzi elevati, noi vogliamo porre l’attenzione su un altro aspetto: come ci dicono numerosi studi ed esperti ai vari convegni e meeting, non è il prezzo oggi il driver di scelta più importante per i cosiddetti responsabili acquisto, cioè chi va a fare la spesa. Non è obbligatorio tenere i prezzi sottocosto o raso terra per vendere il prodotto. Sì, siamo in un periodo che non fa testo, è in corso un’emergenza sanitaria senza precedenti negli ultimi 100 anni, ma l’esempio delle arance dovrebbe darci l’indicazione o quantomeno il suggerimento che un prezzo che ripaga equamente gli anelli della filiera è possibile.

                      Ma di che prezzi parliamo per le arance rosse? Nella settimana a scavalco tra fine marzo e inizio aprile 2020, nella grande distribuzione italiana le arance tarocco hanno superato i 3,00 euro al chilo, mentre nei fruttivendoli abbiamo riscontrato prezzi con punte attorno ai 4,00 euro al chilo. Parliamo quindi di prezzi record di cui probabilmente non ci sono precedenti, almeno in anni recenti. A fronte di prezzi di vendita sostenuti in distribuzione, si riscontrano prezzi altrettanto sostenuti alla produzione, mediamente sopra gli 1,50 euro al chilo, cui bisogna aggiungere i costi di confezionamento e logistica. Difficilmente oggi un gruppo della grande distribuzione riesce in sostanza ad avere arante rosse a un prezzo inferiore a 1,80 – 2,00 euro al chilo. Consideriamo brevemente alcuni aspetti: 1) la campagna è stata fino a tutto gennaio con prezzi estremamente bassi; 2) tra febbraio e marzo con l’esplodere della pandemia è aumentata notevolmente anche la domanda di arance; 3) oggi molti confezionatori sono rimasti senza arance rosse, pochi arriveranno a Pasqua, ancora meno fino a fine aprile. Quindi a fronte di una domanda ancora alta, l’offerta è sempre più bassa e questo giustifica i prezzi.

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