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                      Il paradosso della filiera fragole. Tra le più penalizzate dal coronavirus

                      Fragole-Candonga-Basilicata

                      Fragole Candonga della Basilicata

                      Fragole-Candonga-Basilicata

                      Fragole Candonga della Basilicata

                      di Eugenio Felice

                      La situazione. La settimana dal 16 al 22 marzo 2020 è stata nera per le fragole in Italia. C’è chi la ha definita una settimana “allucinante”. Pochi volumi di vendita da una parte, produzione elevata, complici anche le alte temperature, dall’altra. Risultato: merce da buttare e prezzi in discesa. Le fragole non le stocchi nelle celle frigorifere, se non per alcune ore: una volta raccolte devi portarle il prima possibile nei punti vendita della distribuzione moderna o del dettaglio specializzato. Da più parti i produttori, in particolare di Campania e Basilicata, i maggiori areali produttivi in questo momento, ma anche in Sardegna e Lazio, lamentano quindi una situazione estremamente pesante. Le previsioni per la settimana prossima, l’ultima di marzo, sono di un sensibile calo termico già in atto che rallenterà quindi la produzione, ma anche da metà settimana di piogge che potrebbero penalizzare la qualità delle fragole. Si potrebbe quindi prevedere un parziale riequilibrio, o quantomeno una situazione leggermente meno pesante. Certo è che alcuni problemi di fondo restano.

                      Le cause. Il mercato di frutti come le fragole, estremamente deperibili e soggetti alle bizze climatiche, è perennemente in disequilibrio. La legge della domanda e dell’offerta, che dovrebbe regolare ogni mercato libero che funziona, ne stabilisce il prezzo di vendita. Usiamo il condizionale perché, in realtà, il mercato non funziona essendo governato da un soggetto dominante, la grande distribuzione (ne parliamo dopo). Fatta questa premessa, l’offerta è stata caratterizzata nell’ultima settimana da volumi e qualità elevati (complice dicevamo le temperature elevate e il clima secco che hanno spinto la produttività delle piante). La domanda invece è condizionata dal coronavirus: istituzioni a tutti i livelli invitano la popolazione a recarsi al supermercato o nei negozi di alimentari il meno possibile per ridurre la probabilità di infezione. Quindi, nei fatti, sta calando vertiginosamente la frequenza di acquisto così come l‘attenzione del consumatore su prodotti “veniali” non essenziali e questo penalizza le fragole, che peraltro vanno mangiate subito, al massimo il giorno dopo l’acquisto. Quindi la domanda è cambiata e si è indebolita.

                      I rimedi. Da più parti abbiamo letto l’invito dei produttori di fragole alla grande distribuzione a preferire il prodotto italiano, in questo momento di oggettiva difficoltà. E il coronavirus, come riporta uno studio di Nielsen, porta in tutto il mondo una maggiore sensibilità verso il prodotto locale o nazionale. “C’è tanto, troppo prodotto che viene dall’estero”, è il leitmotiv di molti produttori. Certamente ridurre le importazioni di fragole farebbe scendere automaticamente l’offerta e porterebbe maggiore equilibrio al mercato. Però c’è il mix di qualità / servizio / prezzo che la Spagna può proporre e cui difficilmente parte della GDO italiana può rinunciare. Noi stessi da Esselunga su 4-5 fragole diverse proposte abbiamo poi acquistato quelle spagnole perché oggettivamente si presentavano meglio. C’è poi il problema – vero – dell’Italian sounding “in casa”, sollevato da Andrea Badursi, direttore generale Asso Fruit Italia, con molti magazzini italiani che acquistano dall’estero e riconfezionano con il loro brand italiano, lasciando in molti casi in piccolo e semi nascosta l’origine straniera. Non succede ovviamente solo per le fragole. Pensiamo ad esempio ai kiwi di origine Grecia. Anche in GDO spesso i cartellini prezzi sono incompleti e poco trasparenti.

                      I prezzi. Qui apriamo forse il capitolo più spinoso. Specifichiamo che noi non siamo il sindacato dei produttori (che esistendone moltissimi, piccoli e inconcludenti, per noi non esiste nemmeno): la nostra missione è migliorare i rapporti di filiera e l’esperienza di acquisto e consumo degli italiani. Tra i nostri clienti ci sono sia produttori che grande distribuzione. Fatta questa doverosa premessa, non possiamo non esprimere il nostro disappunto nel vedere che il prezzo dal confezionatore al punto vendita ancora troppo spesso lievita in modo inaccettabile in un periodo di emergenza sanitaria e di sovrapproduzione in cui i produttori vedono a rischio la prosecuzione della propria attività. Nella settimana dal 16 al 22 marzo, a fronte di prezzi per cestino da 500 grammi di fragole Candonga pagati tra 1,50 e 1,80 euro a pezzo o Melissa pagati tra 1,30 e 1,40 euro a pezzo (prezzo finito in piattaforma della GDO in nord Italia), abbiamo trovato a Verona gli stessi cestini da 500 grammi in vendita a 4,50 euro nel dettaglio tradizionale e sopra i 3,00 euro in diversi supermercati (non nei discount). Parliamo quindi di un ricarico che arriva al triplo e al doppio.

                      Il paradosso. La questione del ricarico ha una conseguenza: falsa la legge della domanda e dell’offerta. Perché se la domanda si riduce drasticamente come è successo nella settimana indicata, il prezzo al consumatore finale dovrebbe scendere per stimolare lo stesso ad acquistare di più. Ma se come in molti casi è successo, il prezzo al pubblico rimane invariato o di poco variato al ribasso, e a scendere è solo quello applicato al confezionatore / produttore, il mercato non tende a riequilibrarsi e si “imballa”. Come è accaduto. C’è poi la questione etica: oggi per consegnare in piattaforma della GDO un cestino da 500 grammi di fragole prodotte in Campania o Basilicata, ripagando tutti i fattori produttivi onestamente, un confezionatore deve chiedere non meno di 1,50 euro. È giusto quindi che la GDO chieda al fornitore un prezzo sottocosto, in piena emergenza sanitaria da Covid-19? Chiaro che anche i distributori vivano oggi un periodo di grande stress. Chiudiamo con quello che riteniamo un esempio controcorrente, a sostegno della produzione e addirittura sottocosto per il distributore: Aldi Italia esce con le fragole Melissa della Campania nella settimana dal 23 al 28 marzo con un prezzo in offerta di 1,49 euro a cestino da 500 grammi. In questo caso il ricarico è quasi nullo e il prezzo pagato al fornitore non è sceso rispetto alla settimana scorsa.

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