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                      Covid-19, l’allarme dalla Spagna: produrre ortofrutta costa fino al 30% in più

                      Nella regione di Murcia, in Spagna, i costi di produzione di frutta e verdura sono aumentati del 25-30%. A causarlo sono l’assenteismo da parte dei lavoratori – dovuto alla paura di contrarre il virus – e le restrizioni nel mondo del lavoro e dei trasporti, che di fatto limitano l’efficienza del lavoro negli stabilimenti di produzione e nei campi, a ciò si aggiunge l’aumento dei costi di trasporto. Ora il governo spagnolo cerca soluzioni, e punta a rendere più flessibile il limite di ore annuali che un lavoratore agricolo può fare, e a cercare di garantire che i rivenditori e i supermercati si assumano parte dei costi aggiuntivi generati dalle misure anti Covid-19, in modo tale che l’aumento del prezzo non influisca sul consumatore finale. Resta il fatto che a marzo i contratti per i lavoratori agricoli hanno subito una contrazione della metà rispetto a quelli siglati nella regione spagnola a marzo 2019. C’è poi il problema di come gestire il picco di produzione previsto per maggio

                      Dalla Redazione

                      Murcia

                      Tra le regioni più agricole della Spagna, grande produttrice di lattuga, pomodori, pesche, nettarine, ma anche uva da tavola e broccoli, a Murcia è ora iniziata la stagione delle drupacee (frutta estiva a nocciolo), non senza difficoltà e non senza rincari. Il coronavirus e le conseguenti misure adottate, infatti, hanno portato a un incremento fino al 30% dei costi di produzione.

                      A marzo, nella regione di Murcia, sono stati firmati 40.538 contratti, registrando una contrazione di circa la metà rispetto a quelli registrati nello stesso mese del 2019. Per questo motivo, e non solo, il ministero del lavoro sta cercando di trovare il modo di compensare il calo di redditività delle sue colture.

                      Come riporta La Opinion De Murcia, tra gli obiettivi perseguiti, richiesti anche dal governo spagnolo, troviamo quello di rendere più flessibile il limite di ore annuali che un lavoratore agricolo può fare e cercare di garantire che i rivenditori e i supermercati si assumano parte dei costi aggiuntivi generati dalle misure anti Covid-19, in modo tale che l’aumento del prezzo non influisca sul consumatore finale.

                      Il direttore generale della federazione dei produttori ed esportatori di frutta e verdura Proexport, Fernando Gomez, avverte però che il principale problema legato al lavoro causato dal coronavirus nell’agricoltura di Murcia è l’assenteismo dei lavoratori locali, molto più della mancanza di manodopera dovuta alla carenza di lavoratori stagionali a causa della chiusura delle frontiere internazionali, problema che invece si avverte in altre aree produttive della Spagna.

                      A Murcia, infatti, sottolinea  La Opinion De Murcia, la maggior parte dei lavoratori del settore agricolo risiedono per lo più nella regione stessa, e il tasso di assenza dal lavoro in questo primo mese dello stato di allarme è stimato al 10%, perché, a parere del responsabile della Proexport, una parte molto importante della forza lavoro è costituita da genitori con figli piccoli o in età scolare, che non hanno nessuno con cui stare in questo periodo, in cui le scuole sono chiuse.

                      Murcia

                      Lavoratori in un campo della regione di Murcia

                      Tuttavia, secondo Gomez, l’incertezza sulla durata della quarantena, e la consapevolezza che le aziende hanno adottato tutte le possibili misure di sicurezza, hanno portato negli ultimi giorni a una diminuzione dell’assenteismo, che ora tende a livelli pre-pandemici.

                      Un altro fattore dell’atteso aumento del prezzo del paniere, se i distributori e i venditori di frutta e verdura non colmeranno il divario, è la minore produttività delle aziende. Ciò è dovuto al fatto che il coronavirus ha imposto misure di sicurezza che richiedono maggiori distanze tra i lavoratori, sia sul campo che nella movimentazione dei magazzini, il che riduce il volume della produzione giornaliera e, allo stesso tempo, cambierà le condizioni di alcuni contratti commerciali.

                      Anche il presidente della federazione delle cooperative agricole di Murcia (Fecoam), Santiago Martínez, ha stimato tra il 25 e il 30% l’aumento dei costi per le aziende agricole dovuto all’aumento dei costi di produzione, movimentazione e trasporto.

                      L’esempio che ha portato Martínez è che i due metri di distanza che i lavoratori devono mantenere tra loro portano a una conseguente diminuzione – circa la metà – dei volumi di prodotto che movimenta un magazzino in un giorno lavorativo. “Se prima un magazzino di movimentazione aveva la capacità di prelevare 70 mila chili all’ora con 350 o 400 lavoratori, ora stiamo parlando di metà del prodotto e metà delle persone”, spiega Martínez.

                      Oltre alle prestazioni meno efficienti, dovute alle esigenze di spazio, ci sono “ore improduttive“, cioè tutto quel tempo speso per adottare le misure di protezione. “Prima, un operaio entrava e andava dritto alla sua postazione. Ora deve disinfettarsi e indossare guanti, una maschera, una tuta completa… e questo richiede tempo”, avverte il capo dei produttori agricoli e degli esportatori.

                      La federazione dei produttori Proexport, che fa parte della Fepex, sottolinea che i costi aggiuntivi però non finiscono qui perché bisogna tenere in considerazione anche i costi di trasporto dei lavoratori ai campi. I costi sembrano essere quintuplicati, poiché ora gli autobus adibiti al trasporto dei lavoratori possono essere occupati solo a un terzo della loro capacità, ma il costo del veicolo e dell’autista rimane invariato, come se fosse pieno.

                      Nonostante tutte queste difficoltà e la situazione eccezionale che richiede risposte eccezionali da parte delle amministrazioni, le aziende e i lavoratori stanno dimostrando la loro capacità di andare avanti e di soddisfare le richieste dei consumatori“, sottolinea il responsabile di Proexport.

                      Il presidente dei cooperativisti, da parte sua, afferma che, a causa di questa crisi, bisogna prendere in considerazione un altro elemento di criticità: la mancanza di “reporting” nel trasporto internazionale, dato che le importazioni industriali dalla Spagna sono diminuite e i camion tornano vuoti dai loro viaggi per l’Europa, il che fa perdere ai trasportatori tra i 1.500 e i duemila euro per unità.

                      Tuttavia, il rappresentante della federazione delle cooperative concorda con i produttori e gli esportatori sulla capacità del settore di adattarsi a circostanze senza precedenti in Spagna. “A maggio – spiega Martinez – raggiungeremo il picco di produzione e dobbiamo capire come gestirla vista la mancanza di lavoratori e la diminuzione dell’operatività. Dovremo quindi iniziare a utilizzare le celle frigorifere e adottare un piano B, anche se ora non è ancora il momento”.

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