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                      “Frutta e verdura non calibrate: più naturali”. La provocazione di NaturaSì

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                      Mele dall'aspetto decisamente "contadino". (©: 123RF)

                      “Frutta e verdura non calibrate, così è più naturale”. È questa l’idea e la provocazione di Fausto Jori, amministratore delegato di NaturaSì, la più grande catena italiana di negozi che vendono esclusivamente prodotti biologici e biodinamici. “Vogliamo che si esca dalla schiavitù del calibro, interiorizzata anche nel biologico. Partendo dai piccoli produttori”, sottolinea Jori, in una intervista pubblicata da Il Manifesto – “quotidiano comunista” il 23 dicembre 2020, due giorni prima di Natale. Un’idea che è diventata un progetto, CosìPerNatura, lanciato nel 2020 assieme a Legambiente. L’obiettivo finale è non sprecare quello che è stato coltivato, arrivando a 2.500 – 3.000 tonnellate di frutta e verdura dalle forme scalibrate, non standardizzate. Un futuro possibile o un rifiuto della modernità?

                      di Eugenio Felice

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                      Mele dall’aspetto decisamente “contadino” (©: 123RF)

                      Frutta e verdura non calibrate, così è più naturale“, titola Il Manifesto – “quotidiano comunista” in un articolo pubblicato anche online il 23 dicembre 2020 a firma Marinella Correggia. A dirlo non è qualche nostalgico di Lenin ma Fausto Jori, amministratore delegato di NaturaSì, che con 500 negozi è il più grande gruppo distributivo italiano per i prodotti biologici e biodinamici. L’idea, da non sottovalutare, è che agli occhi del consumatore frutta e verdura venduta calibrata e quindi con una presentazione estremamente omogenea, per non dire industriale, appaia non naturale. Nella mente del consumatore, che non sa che tipo di lavoro c’è dal campo ai banchi di vendita, il passaggio dall’ortofrutta non naturale all’ortofrutta non sana è piuttosto scontato. Come fare quindi un po’ di maquillage e rendere più appetibili mele, carote, patate e arance? Facendo cassette non standardizzate. Dimentichiamoci alveoli e forme perfette e allineate. I difetti esterni? Meglio, così sembrano più naturali. Non si butta via niente.

                      Nel biologico e anche del biodinamico – spiega Fausto Jori di NaturaSì nell’intervista a Il Manifesto – uno dei valori è la rigenerazione: partire da sementi biologiche, non dagli ibridi. Se una semente è naturale, per definizione dà prodotti biodiversi: il calibro della mela, della carota, del kiwi, non verrà rispettato. La diversità di forme è proprio… naturale. Le sementi ibride, invece, sono selezionate anche per dare frutti omogenei. I CosìPerNatura ridanno spazio alle sementi naturali e autoctone, selezionate per la loro vitalità e produttività”. “I nostri fornitori sono circa 300 aziende agricole – continua Jori – per un totale di 12.000 ettari. Con loro vogliamo che si esca dalla schiavitù del calibro, interiorizzata soprattutto dai produttori medio-alti, anche nel biologico. Una logica meccanicistica, intrinsecamente sbagliata. Per uscirne man mano, partiamo dagli agricoltori medio-piccoli, ai quali compriamo lo scendipianta. Cioè tu raccogli quello che è sano, senza badare a dimensioni e forma, ti ritiriamo tutto“.

                      #NaturaSì • CosìperNatura
                      Una volta a tavola non ci sono differenze.

                      #CosìperNatura è il nuovo progetto NaturaSì di…

                      Pubblicato da NaturaSì su Mercoledì 21 ottobre 2020

                       

                      “In tal modo – sottolinea Jori – si recupera fino al 15-20% dell’ortofrutta che sarebbe stata scartata perché fuori calibro. E come se producesse il di più. Normalmente il mercato prevede tre categorie: prima, seconda e sottocalibro. Quest’ultima in genere va nella trasformazione industriale ed è pagata pochissimo. Noi acquistiamo tutto pagando un prezzo che, considerando il maggior volume, aumenta la remunerazione del produttore. E non solo: l’agricoltore ha meno lavoro, non dovendo fare il calibro né smaltire il sottocalibro. Per i produttori medio-grandi occorre un cambiamento di mentalità, perché escano dal concetto del tutto su misura. Il vantaggio è per tutta la catena, con i CosìPerNatura. Questa semplificazione logistica, oltre a remunerare meglio il produttore, viene rigirata sul consumatore che può arrivare a spendere dal 10 al 50% in meno a seconda dei prodotti, che sono identici dal punto di vista nutrizionale e organolettico, sono solo un po’ strani, un po’ ritorti, o più piccoli o più grandi”.

                      L’ortofrutta CosìPerNatura viene venduta nei 500 negozi NaturaSì o in sacchetti di bioplastica oppure sfusa nelle cassette, “laddove la clientela è più matura”, specifica Jori alla giornalista de Il Manifesto. Il rischio che nella cassetta resti solo la seconda e terza è infatti molto concreto con la vendita sfusa. L’obiettivo di NaturaSì è di arrivare a circa 2.500 – 3.000 tonnellate annue di ortofrutta marchiata CosìPerNatura. In alcuni negozi pilota il gruppo ha anche provato a eliminare tutto il concetto dl calibrato. In questo primo anno, il 2020 segnato dal coronavirus, CosìPerNatura è arrivata a 800 tonnellate, che equivale Mediamente al 5 – 6% del totale venduto. “Ma – conclude Jori – puntiamo a fare almeno fino a 3-5 volte tanto”. In realtà – aggiungiamo noi – non è nulla di straordinariamente nuovo, dato che progetti di “brutti ma buoni” sono stati avviati già da alcuni anni sia da parte di gruppi distributivi che da parte di fornitori di ortofrutta, che ancora da parte di start-up come Bella Dentro. Con alterne fortune.

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                      Una moderna calibratrice per le mele in Alto Adige (copyright: Fm)

                      Futuro possibile o rifiuto della modernità? A tutto quanto sopra vogliamo aggiungere una considerazione dettata dalla nostra esperienza: le tecnologie utilizzate nelle centrali ortofrutticole sono sempre più sofisticate. Non si tratta solo di calibrare frutta e verdura in base alla loro dimensione. Si tratta di selezionare le diverse qualità in base alla forma, al colore, al grado di maturazione, ai difetti esterni e finanche interni. Il calibro insomma è solo una delle tante variabili prese in considerazione. Se prendiamo il caso delle mele, che è il frutto che più fa uso delle cosiddette “sorting machines”, saltare il passaggio “tecnologico” si tradurrebbe nell’impossibilità di poter stoccare nelle celle ci conservazione ad atmosfera modificata i frutti e quindi di poterli vendere in primavera ed estate, così come l’impossibilità di metterli su una nave, all’interno di un container refrigerato, per andare in Sud America o in Estremo Oriente. Bastano pochi frutti guasti internamente per compromettere l’intera cella e l’intero container.

                      Quindi, la frutta e verdura scalibrata è  un futuro possibile? Sì, può esserlo, ma solo per una nicchia di mercato. Questa almeno è la nostra opinione.

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