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                      Glifosato: il Parlamento europeo va al voto. Ma quali sono i rischi reali?

                      Mercoledì 13 aprile 2016 il Parlamento europeo è chiamato ad esprimersi sul futuro del glyphosate, la sostanza attiva più diffusa nei diserbanti impiegati in agricoltura: la decisione da prendere è quella se rinnovare, o meno, per altri 15 anni l’autorizzazione (in scadenza a giugno 2016) per l’impiego di questo principio attivo in Europa. Intanto, dopo il caso birre tedesche esploso a febbraio, i mass media e le realtà ambientaliste e pro biologico si sono scatenate: 33 associazioni italiane, riunite nella colazione #StopGlifosato, in questi giorni hanno scritto ai Parlamentari europei italiani per chiedere un voto che preannunci l’eliminazione di questo prodotto.  Ma, mettendo da parte i sensazionalismi, quali sono i rischi reali per la salute dell’uomo? E in quali colture è possibile riscontrarlo?

                       

                      di Carlotta Benini

                       

                      glyphosate

                      Aggiornamento alle ore 15 del 13 aprile (fonte Ansa): L’Europarlamento ha votato sì al rinnovo dell’autorizzazione per l’impiego del glifosato. Si chiede però all’esecutivo UE una proroga di 7 anni, non di 15, insieme a una serie di altre richieste fra cui quella “di tenere maggiormente conto dell’utilizzo sostenibile degli erbicidi contenenti glifosato”

                      Il glyphosate, o ‘glifosato’, come è stato tradotto alla lettera nella nostra lingua, è una sostanza attiva utilizzata per la sua azione erbicida nella maggior parte dei diserbanti impiegati in agricoltura e orticoltura al mondo. La questione sulla sua tossicità o meno è stata sollevata di recente, diventando un vero e proprio caso mediatico, in seguito allo ‘scandalo’ delle birre tedesche. A febbraio scorso l’Istituto per l’Ambiente di Monaco ha infatti condotto un test su 14 birre dei più noti brand tedeschi: tutte presentavano tracce dell’erbicida.

                       

                      In realtà, prima che scoppiasse il caso birre tedesche, il glifosato era già al centro della discussione pubblica, in quanto oggetto recente di pareri scientifici discordanti. Nel corso del 2015 questo principio attivo è stato definito dallo IARC (International agency for research on cancer), l’agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms, sicuro cancerogeno per gli animali e fortemente a rischio anche per l’uomo. A fine anno è arrivato il parere discordante: EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha replicato in un rapporto scientifico come sia improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo. Tuttavia a novembre 2015 l’ente ne ha aggiornato il profilo tossicologico, proponendo nuovi livelli di sicurezza al fine di rendere più severo il controllo dei residui di questa sostanza negli alimenti. Un gruppo di esperti incaricato della revisione paritetica, formato da scienziati EFSA e rappresentanti di organismi di valutazione del rischio degli Stati membri dell’UE – si legge nel sito ufficiale di EFSA – ha stabilito una dose acuta di riferimento (DAR, o ARfD nel linguaggio internazionale) per il glifosato pari a 0,5 mg per kg di peso corporeo. Anche la dose giornaliera ammissibile (DGA) per i consumatori è stata fissata a 0,5 mg/kg, in linea con la dose acuta di riferimento.

                       

                      È la prima volta che a questa sostanza viene applicata una tale soglia di esposizione. Questa conclusione va ora al vaglio del Parlamento europeo, che mercoledì 13 aprile è chiamato a decidere se mantenere o meno il glifosato nell’elenco UE delle sostanze attive approvate, e dagli Stati membri dell’UE per valutare ex novo la sicurezza dei prodotti fitosanitari contenenti glifosato che vengono impiegati sui loro territori.

                       

                      “Se consideriamo il valore di DAR definito dall’ultima revisione di EFSA, ovvero 0,5 mg/kg, la tossicità del glifosato è paragonabile a quella di molti altri pesticidi comunemente utilizzati e approvati dalla Comunità Europea – dichiara Lorenzo Petrini, responsabile del laboratorio Greit di Bologna, dal 1978 specializzato in analisi chimiche e microbiologiche e attivo in particolare sul controllo dei pesticidi, per conto di aziende private,  società di consulenza agronomica e importanti insegne della GDO, italiana e tedesca – Prima della revisione di novembre, per EFSA non era nemmeno necessario che fosse indicata la DAR di questa sostanza”.

                       

                      Quando, dunque, un pesticida viene definito nocivo per la salute? “Più basso è il valore della DAR, maggiore è l’indice di tossicità. – spiega Petrini – Facciamo l’esempio di un’altra sostanza attiva largamente diffusa e recentemente sottoposta a riesame tossicologico, il Chlorpyrifos, uno degli insetticidi più utilizzati nell’agricoltura del nostro Paese. Nell’ultima revisione effettuata da EFSA nel 2014, il valore della DAR è stato fissato a 0,005 mg/kg, mentre il precedente era di 0,1 mg/kg. Un valore di tossicità ben più significativo di quello stabilito per il glifosato”.

                       

                      Come mai, dunque, tutto questo clamore intorno all’utilizzo di questa sostanza? Perché fino a poco tempo fa nessuno si era mai posto il problema della sua presunta tossicità? E, soprattutto, in quali prodotti, in agricoltura, è possibile ricontrarne dei residui?

                       

                      glifosato cop

                      Il diserbante più diffuso e utilizzato in agricoltura

                      “Il glyphosate è l’erbicida più utilizzato al mondo, ma i metodi di analisi fino a poco tempo fa erano poco sensibili e non sufficientemente robusti per rilevarne la presenza in modo efficace – sottolinea Petrini – Ad oggi non tutti i laboratori di analisi sono in grado di rilevarlo con precisione. Ad esempio, se parliamo di prodotti biologici, il limite massimo consentito è 0,01 mg/kg: sono necessari metodi analitici molto sensibili per evidenziare l’eventuale presenza di residui”.

                       

                      “Le colture più esposte? – continua il responsabile di Greit – Avendo questo pesticida azione diserbante, parliamo di un trattamento che viene effettuato sui terreni, non direttamente sui frutti. L’azione del glifosato sulle piante e sui frutti avrebbe conseguenze altamente dannose per l’impianto stesso. Va da sé che le colture più esposte sono quelle a terra, ma come gli asparagi e altri ortaggi, ma solo se questo diserbante è stato utilizzato in maniera incauta o accidentale in campo, ad esempio per il fenomeno delle derive. Diverso è il caso dei cereali, che possono essere trattati volontariamente a ridosso della raccolta per accelerare il meccanismo di essiccazione.

                       

                      Da un punto di vista esperto, dunque, tutta questa preoccupazione destata dai mass media sul caso glifosato sarebbe infondata. Parlando invece di informazione, è interessante quanto scrive Il Foglio a proposito della dose limite giornaliera ridefinita a novembre da EFSA. Il giornalista, esperto agronomo, riporta a sua volta le conclusioni di un Docente di Storia dell’Agricoltura dell’Università di Milano-Disaa, Luigi Mariani, voce del blog agrariansciences.blogspot.it. Considerando il caso della birra, questi sono i calcoli del professore: per raggiungere la dose limite di 0.5 mg indicata da EFSA, un adulto che pesa 80 kg dovrebbe assumere 1.345 litri di birra al giorno. Per la frutta invece? 400 kg di frutta e verdura. E per l’acqua? 400 mila litri. Parliamo di quantità alquanto improbabili in un consumo giornaliero…

                       

                      L’autore dell’articolo riporta anche un’altra curiosa riflessione, sul tema della tossicità. Nei manuali tecnici il parametro ‘DL50’ definisce la dose che provoca la morte del 50 per cento degli individui che assumono la sostanza in esame (si usano i ratti, come negli studi effettuati dallo IARC, secondo cui il glifosato sarebbe cancerogeno). Sono definiti di Classe 1 i prodotti con  DL50 inferiore a 50 mg per kg di peso vivo.  Classe 2, a tossicità moderata: prodotti con DL50 fra 50 e 500. Classe 3 quelli con DL50 fra 500 e 5000. Classe 4 innocui, con DL50 di oltre 5000 mg. “Dov’è il glifosato? – si chiede il giornalista – Classe 3. Dov’è l’aspirina? Classe 2. E la caffeina, il cloruro di sodio? Sempre classe 2”.

                       

                      Tornando alla notizia del giorno, ora sta al Parlamento europeo prendere una posizione concreta. E a noi singoli cittadini e consumatori, trarre le nostre conclusioni, cercando di non farci influenzare troppo dal tran tran mediatico che – come sempre accade in questi casi – rischia di confondere la realtà con il sensazionalismo.

                       

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