di Eugenio Felice
Ortofrutta e pesticidi, a volte ritornano. Anzi, spesso ritornano. Associazioni ambientaliste, associazioni dei consumatori, il dito è sempre puntato verso i prodotti chimici usati in agricoltura che poi finiscono sulle nostre tavole. Potete chiamarli pesticidi, insetticidi, funghicidi, fitofarmaci, fitoregolatori, principi attivi. Quello sono. Come se potesse esistere oggi un’agricoltura diffusa senza chimica. Come se noi bambini, uomini e donne potessimo fare a meno delle medicine in caso di malattie. O se non potessimo metterci un repellente in caso ci trovassimo in un luogo infestato dalle zanzare. Torna Legambiente a occuparsi dell’argomento, con l’edizione 2020 del rapporto “Stop Pesticidi” realizzato in collaborazione con Alce Nero, brand del biologico (che, lo ricordiamo, può usare pesticidi e metalli pesanti, per chi fosse interessato segnaliamo questo articolo della senatrice a vita e docente alla Statale di Milano, Elena Cattaneo).
Legambiente ha messo insieme i risultati delle analisi fatte dai laboratori pubblici regionali su migliaia di campioni di ortofrutta e prodotti trasformati. A questo link potete leggere il comunicato presente nel sito di Legambiente. Cosa emerge? Viene dipinta una situazione drammatica, che diversi organi di stampa hanno prontamente enfatizzato. “Picco di pesticidi nella frutta oltre il 70%”, titola l’agenzia Ansa. “Pesticidi, il picco nella frutta: oltre il 70%”, titola facendo quasi un copia e incolla La Repubblica. “Il 70% della frutta che mangiamo contiene residui di pesticidi. L’allarme nel nuovo dossier”, titola in modo ancora più sensazionalistico GreenMe. Le immagini a corredo sono da pelle d’oca: si va dalla mela con quattro siringhe conficcate nella polpa ad atomizzatori avvolti da una nuvola di pesticidi a trattori con lunghi tubi di metallo che irrorano con abbondanza i campi. Legambiente la definisce una situazione “stagnante”. Ma la realtà qual è? Lo dicono i dati.
#StopPesticidi🌾
Abbiamo raccolto i #dati dei laboratori🔬 pubblici italiani accreditati per il controllo ufficiale dei…
Pubblicato da Legambiente Onlus su Giovedì 17 dicembre 2020
“Analizzando nel dettaglio i dati – scrive Legambiente – si apprende che i campioni fuorilegge non superano l’1,2% del totale“. Nello specifico: l’1,3% nella frutta e l’1,6% nelle verdure. Sì, avete capito bene, le irregolarità in termini di residui chimici nei campioni di ortofrutta prelevati in Italia sono una su cento. Un tasso nettamente migliore della media europea, che è attorno al 4,5%. Non solo: il 28,5% della frutta e il 64,1% della verdura sotto esame hanno evidenziato un residuo zero, quindi nessun residuo chimico rilevato. Un risultato decisamente positivo. Niente si dice poi del trend: di chimica in ortofrutta, in Italia, se ne usa sempre meno, questa è la verità. La produzione integrata ormai è la regola in Italia. Concordiamo, su questo punto sì, con Legambiente quando sostiene: “Il problema vero è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito”.
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