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                      Mele italiane in crisi? Moncalvo (Coldiretti Piemonte) su prezzi, qualità, (dis)aggregazione

                      Mele, un comparto strategico dell’agroalimentare italiano, che sta vivendo tuttavia una fase di difficoltà, in un’annata, quella in corso, che  verrà ricordata come una delle peggiori degli ultimi anni, con un mercato che sta facendo fatica ad assorbire i volumi generati dal raccolto europeo record di mele del 2018. Marco Rivoira, titolare dell’omonimo gruppo frutticolo piemontese, ci ha detto la sua sullo stato dell’arte del settore e sulle problematiche in corso (leggi qui). A questo articolo segue, a distanza di qualche giorno, la replica di Coldiretti Cuneo che, nelle parole del delegato confederale Roberto Moncalvo, si associa alla preoccupazione per il futuro della melicoltura italiana, evidenziando altri aspetti salienti della crisi e ponendo a Rivoira – e a tutti gli operatori del settore – alcune domande su cui riflettere. Moncalvo è anche presidente di Coldiretti Piemonte ed è stato presidente nazionale di Coldiretti dal 2011 al 2018

                       

                      di Roberto Moncalvo (Coldiretti Cuneo e Piemonte)

                       

                      mele_ColdirettiAbbiamo letto con interesse le dichiarazioni di Marco Rivoira apparse su FM circa la crisi delle mele Made in Italy. Contengono fondate preoccupazioni, condivisibili indicazioni e qualche giusta provocazione che non intendiamo lasciar cadere. Vorremmo, però, evidenziare altri aspetti salienti della crisi e porre alcune domande al dr. Rivoira, confidando in risposte schiette quanto le sue considerazioni.

                       

                      Qualità in calo, i (veri) responsabili. Il dr. Rivoira denuncia come la qualità delle mele italiane e dei kiwi negli ultimi anni sia calata a favore dell’aspetto estetico e della resa per ettaro. Incontestabile è che la qualità la si faccia in campo, dove la frutta va portata a corretta maturazione con adeguate pezzature. Ma chi è il vero responsabile di questa degenerazione? Gli agricoltori o forse chi, a valle della produzione (ci riferiamo al contesto regionale piemontese) impone regole inderogabili – pena il mancato ritiro della frutta – che minano la qualità, riguardanti le specie da coltivare, i prodotti da usare in campo, i tempi di intervento e raccolta o il colore da garantire?

                       

                      Prezzi, le storture della filiera. Tra le criticità del comparto frutticolo evidenziate dal dr. Rivoira è completamente assente la questione del prezzo alla produzione. Prendiamo il caso delle mele Red Delicious della passata raccolta, pagate solo in questi giorni 20 centesimi al chilo ai produttori agricoli cuneesi, ma vendute lo scorso inverno sul mercato di Saluzzo a 1,79 euro al chilo. Se conoscessero queste “storture”, i consumatori come reagirebbero? Farebbe bene alla reputazione di quella parte di filiera che sta a valle della produzione in campo? Riconoscere al frutticoltore, come nel caso citato, l’11,2% di quanto paga il consumatore è un comportamento eticamente corretto? Ed è corretto saldare il pagamento al produttore nove mesi dopo la consegna, riconoscendogli quel poco che avanza?

                       

                      mele Moncalvo Coldiretti

                      Roberto Moncalvo, delegato confederale di Coldiretti Cuneo

                      Promozione, dalle risorse ai fatti. È verissimo quanto il dr. Rivoira sostiene sulla Polonia. Questo Paese, grazie a ingenti risorse comunitarie, ha scalato in pochi anni i mercati diventando la prima minaccia per le mele italiane. Per quanto sacrosanto sia ridiscutere le modalità con cui l’UE distribuisce gli interventi di sostegno ai singoli Paesi, non è forse necessario chiedersi come sono state spese le altrettanto ingenti risorse che arrivano nei nostri territori dall’Europa? Per capire dove vanno, se sono state utilizzate per attivare percorsi virtuosi, ad esempio per la promozione della nostra frutta, e con quali risultati? Inoltre, sempre per rimanere nei territori ove opera il gruppo Rivoira, perché le OP continuano a proliferare anziché aggregarsi, come accade altrove? Quali sono stati i benefici di questa proliferazione di OP, in particolare per i produttori agricoli?

                       

                      Sono domande fondate su una fortissima preoccupazione per il futuro di un comparto strategico per il nostro Paese, a cui serenamente si dovranno dare risposte perché solo dalla corretta valutazione della realtà si potrà ripartire. Occorre un ripensamento dell’intera filiera con quei soggetti che sono disposti ad abbandonare vecchie logiche, che vogliano investire seriamente sul prodotto locale e italiano, riconoscendo che la ripartizione del prezzo non può più essere quella attuale. Abbiamo incontrato tanti soggetti disponibili a questo cambiamento, in tanti comparti produttivi, frutticoltura esclusa purtroppo! Con loro abbiamo dato vita a “Filiera Italia”, la dimostrazione più evidente di come insieme per una diversa sfida – agricoltori, industriali, trasformatori e distribuzione – si possa costruire un nuovo capitolo del nostro agroalimentare, fatto di grandi valori. La speranza è che anche nella frutticoltura qualcuno imbocchi la strada del cambiamento e dica “io ci sto”.

                       

                      [Leggi anche: La replica di Marco Rivoira alle sollecitazioni di Moncalvo]

                       

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