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                      Rivoira a Coldiretti: “Lungo la filiera non si arricchisce nessuno. I prezzi li fa il mercato”

                      Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira, accoglie l’invito di Roberto Moncalvo, già presidente nazionale di Coldiretti e oggi presidente di Coldiretti Piemonte, a fornire il suo punto di vista su questioni inerenti il comparto melicolo nazionale. “Per quanto sia prematuro parlare di catastrofe – sostiene Rivoira – se facciamo la corsa dietro agli altri, subendo le dinamiche di mercato, perderemo sicuramente la partita. Dovremmo prendere come esempio il settore del vino”. Sulle storture della filiera, Rivoira cerca di fare chiarezza sottolineando che lungo la filiera nessuno degli attori coinvolti si arricchisce: “Il problema è che i prezzi finali di vendita sono troppo bassi”. E l’aggregazione? “In Piemonte è pressoché impossibile”

                       

                      di Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira

                       

                      Ambrosia-Esselunga-GEN18-Fm

                      Mele vendute da Esselunga a gennaio 2018. Sulla sinistra le Ambrosia (Copyright: Fm)

                      Ringrazio il dott. Moncalvo e la Coldiretti di cui è delegato confederale per le considerazioni (leggi l’articolo) che fanno seguito alle mie dichiarazioni pubblicate su FM (leggi l’articolo) in merito alle difficoltà che sta attraversando il comparto melicolo italiano. Sono disponibile a incontrarlo personalmente per dargli la mia visione delle dinamiche di mercato e soprattutto per condividere con lui un’attenta analisi dei costi, in modo da poter ricostruire precisamente i passaggi della filiera dal campo al consumatore. Allo stesso tempo non mi sottraggo all’invito a fornire delle risposte, convinto che una dialettica costruttiva non possa che fare bene alla melicoltura piemontese.

                       

                      Premetto che l’azienda Rivoira da tre generazioni porta sul territorio innovazione e reddito. Ambrosia ne è l’esempio più eclatante. Vorrei sottolineare anche che è prematuro parlare di catastrofe o comparto allo sfascio: veniamo da un decennio di buoni risultati per il comparto melicolo piemontese, prova ne è che le superfici sono cresciute a dismisura, con gli agricoltori che hanno estirpato alberi di kiwi e nettarine, meno remunerativi, per piantare alberi di mele. Dopo 10 anni positivi siamo però incappati nella peggiore campagna degli ultimi 20 anni e la causa principale è stata la produzione europea che ha raggiunto il record storico di oltre 13 milioni di tonnellate.

                       

                      Sugli aspetti qualitativi, vorrei precisare che non sono le centrali ortofrutticole a dettare le regole del gioco a valle, ma i gruppi della grande distribuzione italiana ed estera a monte, come ho indicato anche nel mio intervento precedente. Chi compra, cioè l’ultimo anello della filiera che arriva al consumatore finale, richiede da anni in modo sempre più pressante ai fornitori determinati standard qualitativi che non sempre o quasi mai premiano gli aspetti organolettici. Se le mele non sanno di niente va bene, se però la fornitura ha un 2% di ammaccature viene subito contestata e inviata indietro, spesso in sfregio al lavoro dei frutticoltori e alla dichiarata attenzione ai temi della sostenibilità: un camion in più sulle strade che inquina, imballaggi del cliente che vanno smaltiti, prodotto che va riconfezionato e nuovamente spedito. Purtroppo per questo sistema, che vede il gioco domanda / offerta come unico attore dominante, non vedo ad oggi soluzioni.

                       

                      Marco-Rivoira-Interpoma-Fm-2018

                      Marco Rivoira, executive manager del Gruppo Rivoira, durante Interpoma 2018

                      Sulle storture della filiera, altro punto toccato dal dott. Moncalvo, vorrei rassicurarlo che qui non si arricchisce nessuno alle spalle dei produttori. Intanto non prenderei i risultati di una campagna eccezionalmente negativa per fare dei ragionamenti, in particolare per la varietà Stark / Red Delicious che è stata la più colpita da problemi qualitativi, mentre altre varietà come Gala hanno avuto un andamento più soddisfacente, altre come la nostra Ambrosia hanno avuto ottimi risultati. Poi non è pensabile che si possano vendere tutte le mele prodotte nel Cuneese a livello locale o con il kilometro zero, quindi lascerei a parte la considerazione del prodotto venduto sul mercato di Saluzzo: abbiamo bisogno dei mercati esteri e della grande distribuzione. I mercati sono globali e neanche cosi è stato possibile quest’anno collocare tutto il prodotto in modo soddisfacente. Ancora, non si può generalizzare il prezzo al consumatore finale, ogni canale ha le sue dinamiche e fa i suoi prezzi, in GDO ci sono stati diversi casi in questa campagna di prezzi sotto a 1 euro al chilo.

                       

                      Prendendo comunque il caso delle Red Delicious, va considerato che oltre il 20 per cento del prodotto conferito quest’anno non era idoneo alla vendita se non all’industria, che peraltro in questa campagna ha pagato pochissimo a causa della sovrapproduzione, portando in negativo il bilancio costi entrata / vendita prodotto. Altro aspetto rilevante sono i costi delle centrali ortofrutticole, spesso sottovalutati, di conservazione, di lavorazione, di confezionamento, di marketing, di logistica, solo per dire le voci più rilevanti. Parliamo di costi che sono aumentati negli ultimi anni, viste le richieste sempre più esigenti da parte del mondo distributivo, quantificabili in quasi 40 centesimi al chilo, non concorrenziali con le economie emergenti come l’Europa dell’Est con cui, su alcuni mercati, dobbiamo confrontarci. Infine, ci sono tutti i costi che ha la grande distribuzione, dal ricevimento del prodotto nei ce.di. fino alla gestione del prodotto nei punti vendita.

                       

                      Il problema è che i prezzi finali di vendita sono troppo bassi: da 0,79 a 2,49 euro al chilo a seconda del canale di vendita, della varietà e della confezione, quando delle caramelle che si conservano per mesi e non richiedono la catena del freddo costano anche 150 euro al chilo. Qualcosa non quadra.

                       

                      Mele varietà Red Delicious presso lo stabilimento Rivoira a Verzuolo (copyright: Fm)

                      Veniamo all’ultimo punto, quello delle risorse e dell’aggregazione. Vorrei parlare solo del Piemonte che è la nostra regione. Qui le risorse comunitarie che arrivano alle OP vengono riversate integralmente sui produttori, al fine di rinnovare gli impianti e fare investimenti. Noi stessi tre anni fa, su forte richiesta della base produttiva, abbiamo promosso la costituzione di un’OP per dare un sostegno ai frutticoltori, in modo che si sentissero sempre di più parte di un progetto comune. La promozione dei prodotti che commercializziamo la facciamo noi come Gruppo Rivoira utilizzando esclusivamente nostre risorse. Negli ultimi 12 anni abbiamo lanciato in tutta Europa una varietà come Ambrosia, senza risorse rilevanti ma sfruttando strategia, dedizione e collaborazione con gli stessi agricoltori che da sempre seguono il nostro gruppo. L’aggregazione la abbiamo sempre cercata, sia per il prodotto fresco che per quello da industria, ma senza ricevere alcuna risposta. Ritengo che il sistema piemontese, fatto di tante diverse realtà sia a matrice privata che cooperativa, sia di difficile aggregazione. Se non siamo riusciti a raggiungere una coesione di interessi per il prodotto da industria, figuriamoci se ciò possa essere pensabile per il prodotto fresco. Fare aggregazione in Piemonte è pressoché impossibile.

                       

                      Chiudo con una semplice considerazione che deriva dalle mie dichiarazioni iniziali su FM. Non dobbiamo per forza sempre cercare un colpevole (GDO, Mercato, Paesi dell’Est, strutture di condizionamento, Coldiretti) ma il mio invito o provocazione che si voglia chiamare sulla qualità intesa come organolettica, era incentrato a prenderci le nostre responsabilità per provare a fare qualcosa di diverso e aumentare la nostra competitività in un sistema di costi/Paese UE di difficile armonizzazione. Se facciamo la corsa dietro agli altri, subendo le dinamiche di mercato, perderemo sicuramente la partita! Rinnovo il mio invito ad analizzare e prendere come esempio il settore del vino che da anni ha saputo venir fuori da una crisi peggiore della nostra e oggi porta il nostro Paese ai vertici qualitativi del panorama mondiale del settore.

                       

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