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                      Melotto Kaki: il network di qualità che mira a diventare un brand

                      La stagione dei kaki è ormai agli sgoccioli, ma dal comparto arrivano alcuni spunti di riflessione per guardare al futuro di un prodotto dalle preziose proprietà nutrizionali e dal grande potenziale commerciale. La diospiricoltura, in Italia,  potrebbe rappresentare una valida alternativa per assicurare reddito alle aziende che intendono convertire parte di quelle produzioni sovrabbondanti, obsolete, o non più remunerative. C’è un progetto innovativo sul kaki, nato due anni fa dall’intuizione di un professionista del settore, l’agronomo Vito Vitelli. Si chiama Melotto ed è un circuito interattivo volto a rilanciare e promuovere la coltivazione dei loti in Italia, supportando in modo professionale le aziende e i produttori dal campo fino alla commercializzazione

                       

                      di Carlotta Benini

                       

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                      Il network di Melotto offre assistenza alle aziende dal campo alla commercializzazione

                      Si chiama Melotto ed è un network di aziende che producono kaki secondo uno stesso disciplinare di produzione e seguendo tecniche e procedure accreditate, dal campo fino alla lavorazione e confezionamento, al fine di mettere in commercio un prodotto standard di alta qualità, pensato per andare incontro ai gusti di un consumatore sempre più attento ed esigente. Il progetto nasce a gennaio 2015 da un’intuizione dell’agronomo Vito Vitelli,  general manager del Consorzio Vivaisti Lucani (COVIL) e consulente tecnico di aziende agricole frutticole e agrumicole in Italia e all’estero.

                       

                      Ad oggi il nostro circuito di qualità aggrega 45 aziende dislocate fra Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna, per un totale di circa 150 ettari destinati alla produzione di kaki, varietà Rojo Brillante”, esordisce Vitelli.

                       

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                      Vito Vitelli, esperto agronomo e consulente tecnico di aziende agricole italiane ed estere

                      Un frutto a polpa soda, di una cultivar top di gamma, che a differenza del kaki tradizionale è sottoposto a trattamento di detannizzazione prima di essere consumato, per perdere l’effetto allappante al palato. “Per fare questo ci affidiamo a Loto Sweet, un processo di ultima generazione messo a punto dell’azienda Saim di Fondi (Latina), specializzata in post-raccolta, che che consiste nel trattare i frutti per 24 ore in una cella chiusa ermeticamente, in cui si rimuove l’aria sostituendola con anidride carbonica (estratta dall’atmosfera, non prodotta da combustione, quindi senza impatto ambientale, ndr). Così facendo si elimina in modo naturale l’astringenza del frutto, mentre rimangono intatti il suo gusto dolce, la consistenza croccante e il potere antiossidante”.

                       

                      Il Rojo Brillante è anche una varietà con una elevata shelf life. “Per due mesi si mantiene sulla pianta, poi per un altro mese e mezzo il prodotto viene conservato nelle celle di stoccaggio. – spiega Vitelli – La sua stagione commerciale va da ottobre a febbraio”.

                       

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                      Il prodotto durante le fasi di lavorazione secondo i procedimenti accreditati

                      Melotto offre assistenza alle aziende che scelgono di entrare a fare parte del network a partire dalla fornitura del materiale vivaistico certificato. Vitelli è partito dall’individuazione di alcune piante capostipiti di Rojo Brillante in Spagna e successivamente ha costituito, presso i vivai del Consorzio Vivaisti Lucani, le fonti di approvvigionamento, sottoposte a controlli di routine, per la moltiplicazione di piante figlie esenti da malattie. Per entrare nella rete al primo livello è sufficiente sottoscrivere una tessera di abbonamento annuale, che dà diritto a cinque incontri nei 12 mesi con l’esperto agronomo e assistenza continuativa on line tramite la piattaforma web dedicata

                       

                      Poi c’è un secondo livello, – spiega Vitelli – ed è quello della lavorazione e confezionamento. Le aziende non hanno nessun obbligo di conferimento, ma possono scegliere di affidarsi alla nostra rete qualificata, che ha due strutture di riferimento per la lavorazione del prodotto. Una è in provincia di Agrigento (Azienda Baldacchino), l’altra in provincia di Roma (Terresabine). Per i prossimi anni sono previste altre strutture in Basilicata e Calabria”.

                       

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                      Il bollino Melotto, sigillo di qualità

                      I frutti prodotti secondo i protocolli di Melotto e lavorati nei due stabilimenti accreditati del circuito si fregiano di un bollino, un sigillo di qualità che riporta un codice utile al completamento della filiera. Inoltre sono confezionati una cassetta in cartone ondulato, di dimensioni standard, in cui si rimarca l’uso del codice e si riportano le informazioni sull’origine del prodotto e sulla struttura di lavorazione e confezionamento. La distribuzione dei kaki a marchio Melotto – in fase di sviluppo – al momento si concentra nei punti vendita Conad di Roma, di Unicoop Firenze in Toscana e nei mercati generali di Palermo.

                       

                      Anche i consumatori sono chiamati a partecipare in prima persona al progetto di valorizzazione del kaki made in Italy. Ogni utente può esprimere il proprio giudizio accedendo al sito Melottokaki.com e segnalando il codice riportato sul bollino, diverso da frutto a frutto a seconda della provenienza. “Il nostro motto? – conclude Vitelli – È ‘Aiutateci a migliorare’, al fine di perfezionare un prodotto di origine italiana che soddisfi appieno i gusti dei consumatori, anche quelli più piccoli”.

                       

                      E con l’ambizione di diventare un brand vero e proprio. Un obiettivo che va di pari passo con l’altra sfida, quelle di aiutare i produttori a migliorare il proprio reddito: “In Italia ci sono prodotti come le mele o le pere che hanno un mercato ormai saturo. Il kaki invece è coltivato per appena 2 mila ettari nel nostro Paese, ci sono ampi margini di sviluppo per chi decidesse di investire in questa produzione, sottraendo qualche ettaro alle coltivazioni economicamente non più vantaggiose”.

                       

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