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                      Pesche 2020, calo in tutta Europa, record negativo per Emilia Romagna: -80%

                      Come di consueto, anche quest’anno arrivano i dati e le stime della produzione di pesche in Europa per la stagione 2020, resi noti grazie alla conferenza online di Europêch 2020. In Europa si è assistito, dopo un gennaio-febbraio particolarmente caldo, a un marzo che ha portato delle forti gelate in alcuni bacini di produzione come l’Aragona, la Catalogna, la Valle del Rodano e l’Italia settentrionale, che hanno così subito dei danni al potenziale produttivo. L’Italia è il Paese più colpito da queste gelate, soprattutto l’Emilia Romagna, che prevede per il 2020 una produzione inferiore di quasi l’80% rispetto all’anno scorso. In Italia si stimano così 871.500 tonnellate (erano più di 1.200 mila tonnellate nel 2019), seguita dalla Grecia con 718.500 tonnellate (787.800 tons nel 2019) e dalla Francia 187.600 (202.800 tons nel 2019). Apripista la Spagna, che stima una produzione di 1.414.900 tonnellate (1.606.200 nel 2019). In generale, in Europa, si stimano 3 miliardi e 200 mila tonnellate di pesche: il 17% in meno rispetto al 2019

                      Dalla Redazione

                      pesche

                      confronto tra la produzione di pesche nel 2019 (a sx) e le stime per il 2020

                      Per le pesche in Europa il 2019 non ha portato a problemi climatici degni di nota, prima dell’inizio dei raccolti, ma solo qualche grandinata ha colpito alcuni bacini di produzione in luglio e agosto. Con 3,8 milioni di tonnellate di pesche, nettarine e varietà pavia (pesche gialle), il 2019 è stato leggermente al di sopra della media quinquennale e superiore al 2018, anno leggermente al di sotto delle aspettative (+6%).

                      Come negli ultimi anni, si è assistito a un mercato europeo a due velocità: da un lato un mercato “aperto” molto competitivo con la presenza di produttori spagnoli, italiani e greci che mirano a conquistare quote di export, grazie anche all’uso di promozioni, e dall’altro l’eccezione della produzione e del mercato francese che sembra essere almeno parzialmente protetto.

                      È vero inoltre che la produzione francese ha subito un forte calo e fa fatica a coprire le esigenze del mercato nazionale, anche in piena stagione, ma questo calo e il lavoro svolto dal settore hanno creato una sorta di equilibrio che permette alla pesca francese di beneficiare di livelli di remunerazione in linea con i suoi costi di produzione, molto più elevati di quelli dei vicini e dei concorrenti. Così, mentre quest’inverno i produttori spagnoli sono scesi in piazza a manifestare per i prezzi troppo bassi, i produttori francesi vedono per il terzo anno una campagna positiva. E anche se a breve termine non ci si può aspettare una crescita elevata, si può comunque osservare un tasso di rinnovamento dei frutteti francesi dell’8%, secondo l’APO francese, mentre allo stesso tempo l’APO Afrucat catalana annuncia che duemila ettari sono stati sradicati quest’inverno nella regione di Lleida.

                      Nonostante le condizioni climatiche favorevoli per i consumi, il mercato europeo del 2019 è stato complessivamente difficile, soprattutto da metà agosto con un finale di stagione molto difficile per tutti i bacini di produzione. L’inverno 2019/2020 è stato caratterizzato da temperature miti e anche calde in alcune regioni, con temperature a volte superiori ai 25° in dicembre e febbraio. Il pesco è meno sensibile a questa mancanza di freddo invernale rispetto al cugino albicocco e il potenziale produttivo sembrava prossimo alla normalità.

                      Ma a marzo, alcuni bacini di produzione come l’Aragona, la Catalogna, la Valle del Rodano e l’Italia settentrionale, hanno subito delle gelate che hanno influito sul potenziale produttivo. L’Italia è il Paese più colpito da queste gelate. Tutte le regioni sono state colpite, ma l’Emilia Romagna è stata la regione colpita più duramente, tanto che prevede per il 2020 una produzione inferiore di quasi l’80% rispetto all’anno scorso.

                      In concomitanza con una riduzione delle aree di produzione, soprattutto nel Nord, l’Italia prevede che la produzione di pesche e nettarine nel 2020 scenderà al di sotto del milione di tonnellate, raggiungendo le circa 820 mila tonnellate, un raccolto che registra un record negativo “storico” in quanto non si vedeva una cifra così bassa da 25 anni.  Nello specifico, per il 2020 l’Italia stima un calo della produzione del 28% rispetto al 2019 e del 34% rispetto alla media 2014/2018. Lo stesso vale per la varietà pavia con poco più di 50 mila tonnellate previste, un calo del 44% rispetto al 2019 e del 30% al di sotto della media 2014/2018.

                      pesche

                      confronto tra l’annata 2019 (a sx) e le previsioni per il 2020 (a dx)

                      Anche la Grecia ha sofferto il gelo, in particolare nella regione della Macedonia, dove si concentra la maggior parte della produzione greca. La previsione  è di un raccolto di pesche e nettarine di poco più di 300 mila tonnellate: il 10% al di sotto della produzione del 2019 e del 3% al di sopra della media del 2014/2018. Per la pesca pavia, “specialità” della produzione greca, la previsione è dell’8% inferiore rispetto alla produzione del 2019 ma del 13% sopra la media quinquennale.

                      In Spagna, anche le gelate di marzo nel bacino dell’Ebro e dei suoi affluenti e le piogge di aprile nel sud (Murcia, Andalusia) hanno influito sulla produzione. Con una previsione di 1.114 mila tonnellate di pesche, pesche piatte e nettarine, la produzione spagnola è sui livelli raggiunti nel 2018, il che rappresenta un calo del 14% rispetto al 2019 e dell’11% rispetto alla media del 2014/2018. Nel segmento delle pesche piatte, una specificità della Spagna, si prevedono 282 mila tonnellate, ovvero un calo del 13% rispetto al 2019. Per le pesche pavia, destinate all’industria ma anche al mercato del fresco in Spagna, si osserva una relativa stabilità con -1% rispetto al 2019 e + 3% rispetto alla media.

                      In Francia il gelo ha colpito soprattutto la Valle del Rodano, ma gli altri bacini di produzione risparmiati dal gelo non stanno assicurando la produzione sperata. La mancanza di freddo invernale ha infatti generato un deficit di potenziale produttivo su alcune varietà e le forti piogge di marzo e aprile hanno causato danni, in particolare all’epidermide di alcune nettarine. Con una previsione di quasi 183 mila tonnellate di pesche e nettarine, la produzione francese dovrebbe essere inferiore del 7% rispetto alla produzione del 2019 e del 10% rispetto alla media del 2014/2018.

                      Tutti questi deficit cumulati danno ovviamente una previsione al ribasso in Europa con 2,4 milioni di pesche, pesche piatte e nettarine (senza contare le pavia), ovvero un calo del 19% rispetto al 2019 e del 19% anche rispetto alla media quinquennale. Per queste sottospecie destinate esclusivamente al mercato dei prodotti freschi, è necessario risalire al 2003 e al 1998 per osservare livelli di produzione così bassi. Va osservato che la stessa situazione si osserva per le albicocche, con una previsione di deficit che non si vedeva dal 2003 e dal 1998.

                      Per quanto riguarda invece le pesche pavia, il calo è più limitato con una previsione di 773 mila tonnellate, in diminuzione del 9% rispetto al 2019 e in aumento del 4% rispetto alla media quinquennale. Sommando tutte le sottospecie si arriva a una previsione europea di poco meno di 3,2 milioni di tonnellate rispetto ai 3,8 milioni del 2019 e ai 3,7 milioni della media 2014/2018 (qui tutte le tabelle con le stime nel dettaglio regione per regione).

                      I raccolti di pesche e nettarine sono iniziati solo nel Sud della Spagna e molto può ancora accadere, sia in termini di produzione che di consumo, ma finora, visti i volumi previsti, tutto lascia pensare che il mercato quest’anno vedrà un equilibrio più favorevole nella produzione evitando le crisi degli ultimi anni. (Qui le mappe Paese per Paese)

                      Ma con la crisi dovuta al coronavirus, si sono aperti nuovi scenari. La crisi sanitaria preoccupa soprattutto per la produzione e la fase di raccolta, per questo i vari stati europei stanno lavorando per rimuovere le barriere di confine al fine di permettere l’ingresso ai lavoratori stagionali stranieri che di solito effettuano la raccolta. Ci si preoccupa però anche per quanto riguarda il consumo e il comportamento dei consumatori con l’evolversi della pandemia e il possibile arrivo di una seconda ondata o di un altro blocco. Nel complesso, a parte qualche problema di riorganizzazione dei flussi commerciali all’inizio del blocco, e con poche eccezioni (patate, insalate di quarta gamma, ecc.), la situazione dei mercati ortofrutticoli è stata piuttosto corretta dall’inizio di questa crisi e questo settore non è tra i più colpiti dalla crisi.

                      Tuttavia, è innegabile che ci saranno grandi cambiamenti rispetto agli anni passati, in particolar modo per quanto riguarda le abitudini di viaggio di tutta la popolazione europea. I produttori intanto sperano che le previsioni più pessimistiche sullo sviluppo della pandemia vengano smentite dalla realtà.

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