L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
                      L'INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER IL TRADE ORTOFRUTTICOLO
                      L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA

                      Residuo zero, un segmento che cresce. “Ma senza togliere spazi al bio”

                      Il residuo zero conquista spazi sempre più importanti nei reparti ortofrutta della Gdo, Unes gli ha perfino dedicato delle isole. Ma non è in concorrenza con il biologico, sia chiaro una volta per tutte.  Se n’è parlato oggi al webinar di Myfruit su Linkedin, a cui hanno partecipato produzione e distribuzione con la supervisione di Check Fruit. Orsero sul residuo zero ha volumi in crescita del 20% all’anno. Romagnoli, pioniera delle patate a residuo zero, amplia la gamma con le cipolle èVita. E se Unes rivela di stare lavorando alla prima referenza MDD a residuo zero, in Conad invece ci sono ancora delle riserve per questo tipo di prodotti, in particolare per quanto riguarda il loro claim “fuorviante”

                      di Carlotta Benini

                      residuo zero isola Unes

                      L’isola del residuo zero nel supermercato U2 di Vimodrone (foto Facebook U2 Supermercato)

                      Il residuo zero è una nicchia che cresce, e con performance sempre più interessanti, ma non toglie spazio al biologico. Anzi, parlare di contrapposizione fra questi due tipi di produzione non è corretto e finisce per svilire quello che sta a monte di entrambe, ovvero l’impegno delle aziende agricole e di tutta la filiera verso modelli produttivi sempre più sostenibili, in termini ambientali, ma anche economici e di sicurezza alimentare. Certo occorrerebbe comunicare di più e meglio, con trasparenza, per orientare meglio un consumatore che a volte, fatica a distinguere fra “chilometro zero”, “biologico”, “residuo zero”. Questi in sintesi gli spunti emersi dal webinar di Myfruit sul residuo zero, che ha visto un confronto fra produzione e distribuzione con la supervisione di Check Fruit, società di certificazione e servizi per la qualità agroalimentare che a fine 2019 – in assenza ancora oggi di un disciplinare unico e condiviso a livello nazionale – ha realizzato una propria linea guida che definisce con chiarezza e univocità cosa si intende per “Residuo Zero” e quali requisiti devono possedere le aziende e le organizzazioni richiedenti per esibire in etichetta il relativo bollino.

                      “Il residuo zero di fatto è un’evoluzione della produzione integrata, di cui l’Italia è pioniera in Europa – esordisce Carmelo Sigliuzzo, responsabile progettazione e sviluppo di Check Fruit -. Oggi rappresenta un metodo sostenibile di produzione agricola in continua evoluzione che limita il ricorso alla chimica e raggiunge, come risultato finale, l’assenza di residui quantificabili, vale a dire sotto i limiti di quantificazione analitica, stabiliti in 0,01 mg/kg. Questo deve essere comunicato in maniera chiara e trasparente ai consumatori”. Sigliuzzo, che è anche presidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’associazione Zero Residui OdV, ha quindi spiegato come ottenere la certificazione Residuo Zero non sia una semplice questione di analisi, ma di sistema di coltivazione che cambia e che deve essere supportato da una serie di controlli interni. E ha ribadito nuovamente come la polemica biologico vs residuo zero sia una banalizzazione che non fa bene a nessuno (leggi qui il suo intervento).

                      Orsero, il residuo zero cresce del 20% ogni anno

                      Per Paolo Piccinni, responsabile di filiale di Fruttital (Gruppo Orsero) non c’è alcun contrasto fra le due linee di produzione. “Il biologico – chiarisce durante il webinar – è la miglior scelta per l’ambiente. Il residuo zero ha il vantaggio di offrire quello che il consumatore vuole, ovvero un prodotto sano e senza residui, proveniente comunque da una filiera rispettosa dell’ambiente”.  Quindi ha raccontato che Orsero crede da sempre nel residuo zero: partito con l’ananas, il gruppo ha sviluppato altre linee di prodotto conquistando una quota di mercato importante. “Registriamo di anno in anno una crescita a volume del 20%”, rivela Piccinni. Oggi poi con Agricola Azzurra, la controllata che fornisce alla Gdo prodotto italiano (leggi qui), Orsero sta facendo un lavoro importante su questa nicchia. “Siamo partiti con la gamma del radicchio, tondo, lungo e pan di zucchero, a residuo zero, oggi presente sul mercato 12 mesi, poi abbiamo appena lanciato il fico d’india a residuo zero, accolto subito con interesse dal mercato. Infine per la prossima campagna asparagi abbiamo già pronta una linea a residuo zero. E abbiamo altri prodotti in studio come uva e albicocche”, conclude.

                      Unes, le isole dedicate e la prima MDD a residuo zero

                      Anche Luca Cardamone, buyer category manager frutta e verdura di Unes, ribadisce come non ci sia competizione fra biologico e residuo zero. “Lo definirei un rapporto paritario – puntualizza -. Il biologico resta una scelta consolidata da parte dei consumatori, ma il residuo zero è una novità che sta conquistando quote sempre più importanti”. Anche Unes crede molto in questo tipo di produzione, tanto da avere introdotto in alcuni punti vendita di grandi metrature un’isola dedicata al residuo zero dove sono presenti tutte le categorie di prodotto, dalla prima alla quarta gamma e da quest’anno anche i legumi secchi. “I numeri ci hanno dato ragione – rivela Cardamone -. Da inizio anno a oggi abbiamo trattato 40 referenze a residuo zero, il fatturato dal 2021 ad oggi è cresciuto del 15% a valore e del 10% a volume”.  In primavera e in estate l’assortimento è più ampio, con i pomodori che la fanno da padroni e i piccoli frutti, poi arrivano l’uva da tavola e la melagrana, e poi ci sono le “sempreverdi” zucchine, cipolle e patate, per citare qualche referenza. Sulla stregua di questi risultati Unes, rivela in conclusione Cardamone, sta facendo degli studi e dei test per lanciare la sua prima referenza MMD a residuo zero, a marchio Il Viaggiator Goloso.

                      Conad, il residuo zero non convince

                      Ha invece le sue riserve sul residuo zero Conad, che, pur essendo molto sensibile sul tema della lotta integrata – l’insegna è pioniera in questo senso, con un percorso qualità avviato già dai primi anni Novanta – e all’implementazione di sistemi produttivi che mirano a ridurre i residui di fitofarmaci sugli alimenti, pone l’attenzione sul tema della comunicazione. “Il claim residuo zero colpisce nella sua semplicità perché è chiaro e immediato, ma allo stesso modo è fraintendibile – dichiara Gianmarco Guernelli, responsabile nazionale ortofrutta dell’insegna numero uno della Gdo -. Un tecnico ne conosce il significato, il consumatore invece è portato a pensare che zero residui significhi che su quel prodotto non sono stati utilizzati pesticidi. Su questo punto occorre fare chiarezza, onde evitare di creare false aspettative o confondere le idee sul metodo di produzione utilizzato”. Conad nella sua private label ha principalmente prodotti ortofrutticoli a lotta integrata, “con una soglia residuale anche più bassa rispetto ai limiti di legge”, sottolinea Guernelli. Per il futuro l’insegna intende rilanciare la gamma di prodotti Verso Natura bio, puntare su questa segmentazione dell’offerta tra lotta integrata, biologico, premium, senza dimenticare i prodotti mainstream per garantire la convenienza, “perché comunque la crisi c’è e la dovremo affrontare per diversi mesi”. Per il residuo zero, dunque, non sembrano esserci spazi rilevanti.

                      Romagnoli, novità le cipolle a residuo zero

                      Al webinar ha partecipato anche Roberto Chiesa, direttore commerciale di Romagnoli F.lli Spa, azienda bolognese tra i leader della pataticoltura e pioniera del residuo zero, che con la linea èVita oggi presidia gli scaffali per 12 mesi con delle patate di “nuova generazione” naturalmente tolleranti ai principali patogeni e sulle quali è possibile quindi abbattere l’utilizzo di fitofarmaci. Le patate èVita residuo zero, certificate da Check Fruit e frutto di un percorso di ricerca lungo quattro anni condotto insieme all’Università della Tuscia e Legambiente, sono Levante e Twister per le varietà a buccia gialla e Alouette per le varietà a buccia rossa, disponibili in vari formati per la Gdo (da 1 a 1,5 chili) nella vertbag Sormapeel. “Siamo partiti nel 2020 con sei insegne che hanno scommesso sul nostro progetto, nel 2021 sono diventate 9, oggi sono 11 le catene che hanno le nostre patate a residuo zero, in tutte e quattro le aree Nielsen”, racconta Chiesa. “E i volumi sono in grande spolvero – rivela -, nel 2021 abbiamo registrato una crescita del +170% a volume sul 2020, nei primi 9 mesi del 2022 sul totale del 2021 siamo già al +70%”. Forte di questi successi, Romagnoli F.lli oggi ha ampliato la linea èVita con una novità, la cipolla a residuo zero, frutto anch’essa di una filiera 100% italiana e certificata, sui banchi dalla scorsa estate.

                      Copyright: Fruitbook Magazine