di Eugenio Felice
And the winner is… Bennet! Durante questo periodo di festività, i più attenti si saranno accorti tra spot radio – quello di Eurospin ad esempio – e volantini vari che l’ananas è stato temporaneamente “immolato” tra i prodotti civetta. Quelli che dovrebbero accendere la lampadina nella tua testa e darti un motivo per andare in quel determinato supermercato a fare la spesa. Ma chi è Bennet? Il gruppo distributivo lombardo – dal 1 gennaio parte del Gruppo VéGé – da 55 anni presidia il canale ipermercati (ne conta oltre 60) e centri commerciali nel Nord Italia (in particolare Nord Ovest), con un fatturato attorno agli 1,6 miliardi di euro. Come potete vedere dalla foto sopra, l’ananas viene venduto nella sua rete in questi giorni (stiamo scrivendo tra Natale e Capodanno) al prezzo record (in negativo) di 0,49 euro al chilo. Prendiamo il caso di Bennet ma il sottocosto “estremo” sull’ananas sta riguardardando diversi gruppi distributivi. Anche da Esselunga si trova con sconto del 50% a 0,65 euro al chilo (rilevazione fatta a Verona il 29 dicembre 2019).
Partiamo da questa che potremmo definire a tutti gli effetti una notizia (il prezzo record da Bennet), per fare qualche breve riflessione. Innanzitutto il sottocosto è ad oggi una politica commerciale non vietata dalle normative comunitarie, anche se diversi politici, a partire dal vicepresidente della commissione agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro, hanno più volte paventato la possibilità di farla rientrare tra le pratiche commerciali “sleali” e c’è una discussione in corso per limitarne l’uso. Nel marasma di una politica inconcludente, corrotta, incerta e ostacolante con cui da anni ogni azienda deve confrontarsi, il sottocosto rimane una pratica commerciale ampiamente diffusa nel mondo della grande e media distribuzione. Una cosa comunque va chiarita: il sottocosto sempre più spesso viene “assorbito” dallo stesso distributatore, come in questo caso dell’ananas, che è stato pagato correttamente al fornitore. Quindi Bennet ci perde un tanto al chilo. Ma quanto?
Diciamo che il prezzo di acquisto corretto di un gruppo distributivo del Nord Italia per un ananas che arriva dal Costa Rica via nave è di 80/85 centesimi al chilo (0,50/0,55 per il produttore + 0,25/0,30 euro per il trasporto). Parliamo di prezzo all’ingrosso, quindi di prezzo di cessione del fornitore / importatore al distributore in questo periodo dell’anno (ma mediamente per l’ananas è uguale nel corso di tutto l’anno). Che il distributore si chiami Bennet o Esselunga, il prezzo di cessione per remunerare correttamente la filiera più o meno è quello. Quindi Bennet in questo caso ci perde almeno 30 centesimi al chilo sul prezzo di acquisto dell’ananas, cui vanno aggiunti i suoi costi per vendere l’ananas al consumatore finale. A questo punto le domande sono: il sottocosto è in ortofrutta una politica commerciale efficace? Il consumatore finale siamo veramente convinti che sceglierà di fare la spesa da Bennet perché potrà portarsi a casa un ananas quasi regalato? L’ananas è un prodotto che fa presa sul consumatore finale?
Hard Times. Senza cadere in luoghi comuni o facili moralismi – qualsiasi sottocosto non è rispettoso nei confronti della filiera che ha prodotto quel bene di consumo (…); la grande distribuzione ha uno strapotere / tiene per il collo i fornitori della filiera agricola (…); la società del consumismo in cui viviamo ci ha abituato a prezzi stracciati ma ciò nonostante siamo sempre insoddisfatti per ciò che ancora non abbiamo (…); – ci pare comunque che nel 2020 incentivare la vendita di un prodotto come l’ananas, che viene dall’altra parte del mondo e di cui spesso negli ultimi anni si è parlato in termini di sfruttamento del lavoro e degli ecosistemi, unicamente con la leva del prezzo, sia la scelta forse più facile e scontata ma certamente non la più efficace e razionale. Un frutto non è una commodity. Un ananas non è una confezione di Gocciole Pavesi. Nè un ammorbidente Vernel. Se trovo un frutto a un prezzo da fame, semplicemente penso che non sia buono o pieno di pesticidi o ancora il risultato di uno sfruttamento. E non lo compro.
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