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                      Biologico, Canova al primo segno meno. Progetto It’s Bio per rilanciare il settore

                      Canova, la società del gruppo Apofruit specializzata nel biologico, per la prima volta nella sua storia segna una battuta di arresto nel fatturato, che nei primi otto mesi dell’anno registra un -12% rispetto allo stesso periodo del 2021. Il dato non è certo grave, “ma fa preoccupare”, ammette il direttore Ernesto Fornari, e si inserisce in un contesto di mercato in cui il settore mostra i primi segni di declino, con la congiuntura negativa guerra + inflazione + crisi energetica + pandemia che preoccupa gli italiani e fa frenare i consumi. E mentre le emergenze ambientali dovrebbero farci comprendere fino in fondo il valore del biologico, non solo in termini salutistici, manca una comunicazione adeguata perché questo passaggio mentale avvenga. E intanto la Gdo fa un passo indietro e riduce gli assortimenti. Ecco i trend emersi oggi dal convegno “Il biologico è valore e sostenibilità”, dove si è parlato anche di residuo zero…

                       di Carlotta Benini

                      biologico convegno relatori

                      Da sinistra Scalise, Dinelli, Pari, Pinton, Tamanti, Fornari

                      “Il biologico non torni ad essere una riserva indiana in Gdo!”. È un appello dai toni forti, lui stesso lo ammette, ma la preoccupazione c’è: un mese fa, a fine agosto, per la prima volta in 25 anni il fatturato di Canova ha registrato un trend negativo, con una perdita nei primi otto mesi dell’anno del 12% rispetto allo stesso periodo del 2021. A parlare è Ernesto Fornari, direttore generale di Apofruit, che durante l’evento “Il biologico è valore e sostenibilità” svoltosi questa mattina a Bologna ha posto l’attenzione sui pericolosi scenari che nel mercato del bio si stanno configurando, con un’offerta prevista in crescita – si consideri che l’Unione Europea punta con forza sulla conversione a biologico del 25% delle superfici agricole da qui al 2030 – e consumi che per contro si rivelano in contrazione, di pari passo con il potere d’acquisto sempre più ridotto delle famiglie. Fornari, che per 23 anni è stato alla guida di Canova, controllata di Apofruit e licenziataria del marchio Almaverde Bio – comunicando i dati di bilancio della società specializzata nel biologico rivela che da gennaio ad agosto 2022 il fatturato si attesta a 44 milioni di euro, laddove nei primi otto mesi del 2021 la cifra sfiorava i 50 milioni di euro. Si registra anche una contrazione in volume: 18.504 tonnellate commercializzate da gennaio ad agosto 2022, a fronte delle 22.213 dello stesso periodo dell’anno precedente. Questo, spiega Fornari, “a causa della mancanza di alcuni prodotti come pere e kiwi tra gennaio e marzo, ma soprattutto a seguito dello scoppio della guerra e del conseguente calo dei consumi, di cui il comparto del biologico ha sofferto in modo particolare in questi ultimi mesi”.

                      “Il dato non è grave ma bisogna stare molto attenti”, dunque, nelle parole del direttore generale di Apofruit, che come cooperativa è tra i principali protagonisti del progetto comunitario “It’s Bio”, promosso da AOP Gruppo Vi. Va. (di cui Apofruit fa parte insieme ad altre 13 OP del settore ortofrutticolo biologico) e finanziato con un milione di euro dall’Unione Europea, per un totale di 1,5 milioni di euro da investire principalmente in comunicazione: perché è questo che manca, oggi, di fronte ai consumi in preoccupante contrazione.

                      Il bio ancora regge ma gli assortimenti in Gdo calano. Serve più comunicazione

                      Comunicare più e meglio i valori del significa far comprendere ai consumatori che mangiare bio non è solo una scelta salutare, ma è la prima risposta alle emergenze ambientali in atto. Il 60% degli italiani, infatti, oggi pensa che il bio faccia bene alla salute e il 52% vorrebbe capire meglio perché è anche sostenibile: lo ha evidenziato Claudio Scalise, managing partner di SG Marketing, che questa mattina ha introdotto i lavori mettendo in luce alcuni dati emersi dall’ultimo studio Nomisma-Nielsen. I numeri del biologico, dicono i dati, mostrano in generale una sostanziale tenuta delle vendite in termini di valore con 5 miliardi di euro nel 2022 (fino a luglio) di cui 3,9 miliardi di acquisti in GDO, pari a -0,8% rispetto al pari periodo 2021, e 1 miliardo di euro per il fuori casa pari al + 53% rispetto al 2021. I risultati dell’anno sono estremamente positivi per l’export che ha toccato il + 16% nel 2022. La GDO italiana presenta appunto una sostanziale stabilità sulle vendite (-0,8%) e concentra il 50% dello share. Ma quello che è emerso con evidenza durante il convegno è che, a fronte di una sostanziale tenuta del biologico che – almeno fino a luglio – si difende a dispetto della congiuntura negativa guerra + inflazione + crisi energetica + pandemia che preoccupa gli italiani e fa frenare i consumi, la Gdo tradizionale fa un passo indietro e riduce gli assortimenti, che calano del 5% in iper e supermercati. Per contro, nei discount invece si amplia sempre di più la gamma di referenze bio, che cresce del 16,4%.

                      La risposta della Gdo di fronte a questi trend in atto è arrivata nella seconda parte del convegno, in un confronto fra Alberto Ancarani, responsabile verdure IV e IV gamma e biologico di Coop Italia, e Massimo Silvestrini, dirigente sviluppo bio e prodotti locali di Carrefour Italia (vedi articolo dedicato).

                      biologico isola Almaverde Bio

                      Un’isola Almaverde Bio in un punto vendita della Gdo

                      Al via il progetto It’s Bio

                      La risposta della produzione arriva invece dal AOP Gruppo Vi.Va, che rappresenta i principali attori del settore ortofrutticolo bio. “In questo contesto – dichiara Mario Tamanti, direttore di VI.Va – dopo tanti anni di crescita, il biologico rischia di pagare il prezzo più alto della crisi con ricadute pesanti sulla sostenibilità ambientale, la salubrità e la sicurezza alimentare”. È molto importante, dunque, la coesione del sistema produttivo con modelli di aggregazione a rete come AOP Gruppo Vi.Va, che diventano strumenti importanti anche e soprattutto per la promozione e la valorizzazione dei prodotti. “Il Progetto It’s Bio è un esempio del potenziale che abbiamo – prosegue Tamanti -. Si pone l’obiettivo di comunicare i valori dell’ortofrutta biologica in Italia, Belgio e Grecia nel triennio 2022-2025 per un valore totale di 1,5 milioni di euro con azioni finalizzate a migliorare la conoscenza da parte dei consumatori della filiera ortofrutticola biologica evidenziandone gli aspetti legati alla sostenibilità, ambientale oltre che alla salubrità e sicurezza”. Gli strumenti della comunicazione saranno il web e i social network, ma anche i mezzi tradizionali di comunicazione in punto vendita come totem e locandine. Si investirà inoltre in pubbliche relazioni ed eventi promozionali e in promozioni instore nei tre paesi coinvolti. “Abbiamo in programma 360 giornate promozionali all’anno entrando in 160 punti vendita”, rivela Tamanti.

                      Il bio, i suoi “nemici” e l’emergenza ambientale

                      Oggi, i driver di acquisto dei consumatori italiani sono fortemente orientati dagli aspetti legati alla sostenibilità ambientale, si è detto oggi al convegno. La sensibilità su questi temi è cresciuta enormemente, alla luce anche delle implicazioni sul cambiamento climatico e alla giustificata preoccupazione per il futuro del Pianeta. A questa attenzione dei consumatori il biologico dà delle risposte chiare e certe. Lo ha sottolineato Giovanni Dinelli, docente ordinario all’Università di Bologna e direttore del corso di formazione in Agricoltura Biologica, rimarcando come biologico in agricoltura significhi “emissioni nettamente inferiori di CO2, minore consumo di acqua, nessun utilizzo di sostanze chimiche di sintesi con riduzione di impatto sia per la difesa che per la concimazione, minore impatto sull’eutrofizzazione delle acque”. “Le evidenze scientifiche -puntualizza – sono tutte a favore del bio: basti pensare che l’80% dei pesticidi sono interferenti endocrini e la scienza dice che anche i nano grammi causano dei danni a livello cellulare. E qui l’affondo: si riferisce al residuo zero? Che peraltro “ha benefici sulla salute ma non sull’ambiente”, ricorda in seguito? Il dibattito resta sempre aperto (leggi qui). Intanto il biologico oggi ha altri avversari da affrontare, in primis lo “strangolamento burocratico” che rende complicate le certificazioni, disincentivando i produttori a convertirsi a un’agricoltura più sostenibile.

                      Di Roberto Piton e delle sue critiche al residuo zero ne abbiamo già parlato di recente (leggi qui). Oggi al convegno l’esperto numero uno del bio, membro italiano del board IFOAM, ha tracciato un quadro molto preoccupante dal punto di vista ambientale, “in un anno in cui in soli sette mesi (dato del 28 luglio scorso) abbiamo già consumato tutte le risorse che il Pianeta ci mette a disposizione per 12 mesi”. “Quella appena trascorsa è stata l’estate più calda degli ultimi 500 anni, arrivata con un mese e mezzo di anticipo e con un clima analogo a quello del Marocco”, continua Pinton. E la siccità non è l’unica emergenza allarmante di questa fine estate: pensiamo alle bombe d’acqua che hanno colpito tragicamente le Marche la scorsa settimana. “Dobbiamo cambiare la nostra dieta e i nostri consumi – continua Pinton -, ridurre gli sprechi, ripensare a come usiamo suolo, acqua e nutrimenti se volgiamo che ci siano ancora produzioni sostenibili, soprattutto in un Paese in cui territorio e agroalimentare sono asset strategici”. “Le attuali tendenze basate sull’ottimismo tecnologico, su semi potenziati, macchinari e fertilizzanti non sono in grado di soddisfare le future esigenze di cibo, energia, legname e altri servizi e valori dell’ecosistema”, aggiunge. Quindi torna a battere sul tema del greenwashing: “Ho usato fitofarmaci ma non se ne trovano tracce? Ho fatto un imballaggio che è riciclato al 75%?”: questa è solo “fuffa”, secondo Pinton, che ricorda come oggi in “The magic of marketing” le 4 P non bastino più. “Product, Price, Place, Promotion: oggi dobbiamo aggiungere anche la P di Planet e quella di People”. Sul biologico, secondo Pinton, il tema oggi da sviluppare è l’ampliamento della penetrazione in canali non presidiati in profondità come l’Horeca, non solo la ristorazione collettiva ma tutto il “fuori casa”. Un ulteriore e fondamentale elemento di discussione è il posizionamento del biologico: “non serve abbassare i prezzi, ma occorre mettere a fuoco dove si colloca il biologico all’interno della filiera evidenziandone meglio i valori”.

                      Almaverde Bio, le isole felici in Gdo

                      Per fortuna, è la conclusione, non c’è solo preoccupazione nel settore: ci sono ad esempio dati positivi estremamente interessanti e relativi alle performance delle Isole Almaverde Bio, il format lanciato da Canova che oggi conta 45 presidi di diversi format (vendita assistita, presidiata e a libero servizio parziale) in altrettanti punti vendita della Gdo. “Praticamente una catena”, esordisce il direttore di Almaverde Bio Paolo Pari presentando i dati degli ultimi mesi, in controtendenza rispetto ai trend negativi espressi dal mercato del bio. La formula funziona: positivo il primo semestre 2022 con performance di crescita del 12% a giugno e del 14% a luglio. “Le Isole Almaverde Bio ci danno il segnale che le vendite di biologico non si fermano se la proposta è adeguata alle esigenze dei consumatori – conclude Pari -. Oggi più che mai, per il settore è necessaria coerenza di intenti e coesione tra gli anelli della filiera, mettendo in evidenza, in chiave di comunicazione, tutti gli aspetti che rendono il biologico una scelta per l’ambiente e per il proprio benessere”.

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