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                      Dalla Corea del Sud, ricercatori ed esperti a lezione da Divano, lo specialista dei kaki

                      Una delegazione di ricercatori, docenti universitari ed esperti del settore agricolo proveniente dalla Corea del Sud ha fatto visita a fine agosto all’azienda campana Divano, specialista deki kaki. Lino Basilicata, direttore di produzione, ha intrattenuto gli ospiti – competenti e preparati, e allo stesso tempo incuriositi e colpiti dalla produzione made in Italy di questo frutto – con una ‘lectio magistralis’ su forme di coltivazione, tecniche colturali, necessità specifiche del kaki e varietà che meglio si adattano all’ambiente pedoclimatico della zona. I sudcoreani si sono quindi intrattenuti nell’approfondimento di un altro anello della filiera di particolare interesse: il post raccolta

                       

                      Dalla Redazione

                       

                      Sono bastate le ultime due campagne, con stimoli offerti dalla produzione e dalla ricerca scientifica, e il kaki è passato da frutto di serie b a prodotto capace di polarizzare l’attenzione di operatori e consumatori. E la percezione è netta non solo in ambito nazionale. Così accade che una nutrita delegazione sudcoreana della città di Jinju, composta da ricercatori, docenti universitari ed esperti di settore, si sia interessata espressamente alla cachicoltura made in Italy. Fatto singolare, vista la millenaria tradizione colturale della Corea che, insieme a Cina e Giappone, è considerata uno dei paesi da cui il frutto prende origine.

                       

                      È così in una calda giornata di fien  agosto la delegazione ha fatto tappa presso l’azienda agricola Divano, realtà campana leader nella produzione di kaki. I professionisti in visita dalla Corea hanno percorso i frutteti, osservato, facendo sosta in azienda. Lino Basilicata, direttore di produzione di Divano, viste le competenze dei visitatori, non si è risparmiato, intrattenendoli con una lectio magistralis su forme di coltivazione, tecniche colturali, necessità specifiche del kaki e varietà che meglio si adattano all’ambiente pedoclimatico della zona.

                       

                      La delegazione asiatica, colpita da questo excursus, si è quindi particolarmente incuriosità verso un altro anello della filiera, il post-raccolta: dall’ammezzimento alla trasformazione del prodotto (non solo essiccamento), annosa criticità in attesa di innovazione tecnologica. Hanno forse compreso che il kaki non ha ancora espresso appieno le sue potenzialità? E che, sulla scia della riscoperta del prodotto fresco, il consumatore forse chiederà di più? C’è da scommetterci.

                       

                      È un dato di fatto che la divulgazione, via via più strutturata e capillare, dei risultati sperimentali sulla relazione salute-alimentazione condiziona e orienta sempre di più le nostre scelte rispetto al cibo. Ne è un esempio il successo del libro “La dieta Smartfood” di Eliana Liotta (Rizzoli), un volume sui corretti regimi alimentari scritto il collaborazione con lo IEO, l’Istituto Europeo di Oncologia, fondato da Umberto Veronesi (leggi qui l’articolo dedicato al volume).

                       

                      Nel libro vengono identificati 30 cibi smart suddivisi in due gruppi: 20 cibi longevity, alleati di lunga vita, e 10 protective contro le gravi patologie. Fra i principali longevity food figura, non a caso, anche il kaki, ricco in fisetina (detta molecola smart) in grado di legarsi ai geni della longevità e prevenire malattie degenerative dell’apparato cardio circolatorio. Non male,sapere che mentre gusti un frutto dolce, gustoso e aromatico, stai anche salvaguardando la tua salute!

                       

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