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                      Biologico, secondo uno studio di Muse e Cnr i pesticidi naturali sono tossici

                      Atomizzatore frutteto
                      Rame e azadiractina, due pesticidi naturali autorizzati dalla legge italiana ed europea nell’agricoltura biologica, sono tossici. È quanto emerge da uno studio pubblicato recentemente e condotto dal Muse – Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con il Cnr – Istituto di Biofisica di Povo (TN). La ricerca ha preso in esame l’effetto di rame e azadiractina su una particolare specie di insetti che popolano il Rio Gola, un corso d’acqua trentino che attraversa una valle dove i due pesticidi sono ampiamente utilizzati. Dai risultati si evince che le due sostanze, che entrano per dilavamento nell’ecosistema acquatico, sono entrambe tossiche – la prima più della seconda – e che le popolazioni animali esposte ne soffrono. L’Ue auspica già da tempo l’utilizzo di soluzioni alternative, che però al momento mancano

                       

                      di Massimiliano Lollis

                       

                      La strada verso pesticidi naturali a impatto zero è ancora lunga. Lo dicono i risultati di uno studio condotto dal Muse – Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con il Cnr Istituto di Biofisica di Povo (TN) che dimostra la tossicità sulla vita animale di rame e azadiractina, pesticidi naturali autorizzati in agricoltura biologica. La ricerca, che ha analizzato le acque del torrente Rio Gola, in Trentino, in un’area dove i due pesticidi sono regolarmente e legalmente utilizzati come da normativa, ha preso come campione il Dittero Chironomide Chironomus riparius, una specie di insetto molto comune.

                       

                      Le caratteristiche dei due pesticidi compongono un quadro di luci e di ombre. Da una parte c’è il rame, utilizzato da sempre come fungicida nei vigneti: gioca un ruolo chiave in alcuni meccanismi biologici delle piante, ma in elevate concentrazioni può essere altamente tossico. Inoltre, depositandosi nei primi strati del terreno, il rame può influenzare negativamente la vita microbica, specialmente quando drena in falde o in corsi d’acqua. L’Ue se n’è accorta da tempo, e per questo già dal 2002 indica come priorità la sua sostituzione come funghicida. Dall’altra troviamo invece l’azadiractina: bio-insetticida naturale ottenuto dai semi dell’albero di neem, viene utilizzato come repellente per parassiti nei frutteti. Le sue caratteristiche lo rendono un pesticida particolarmente “sostenibile” grazie alla sua bassa tossicità e al fatto di essere altamente biodegradabile, anche se è stato recentemente calcolato che occorrono ben 66 giorni per dissipare il 90 per cento del residuo di azadiractina in un campione d’acqua.

                       

                      La ricerca, pubblicata recentemente sulle riviste scientifiche internazionali Chemosphere e Science of the Total Environment, ci dice infatti che nessuna delle due sostanze è innocua. Il lavoro, che ha valutato inizialmente gli effetti della presenza di questi pesticidi sulla sopravvivenza delle larve, per poi prendere in considerazione gli effetti molecolari dei due pesticidi, dimostra lo stato di stress fisiologico negli animali acquatici che vivono in acque contaminate dai due pesticidi. I dati raccolti dimostrano che entrambe le sostanze sono tossiche e che le popolazioni animali esposte sono sofferenti, per quanto il rame sia considerato maggiorente pericoloso rispetto alla azadiractina. Le due sostanze diventano perfino letali a concentrazioni da 30 a 500 volte più elevate rispetto a quella misurata in natura, in primavera, prima dell’inizio dei trattamenti intensivi.

                       

                      Secondo Valeria Lencioni (Muse), uno degli autori dello studio, certamente il rame andrebbe sostituito, così come suggerito dalle normative europee, che però non hanno ancora identificato un’alternativa credibile. L’azadiractina è molto meno dannosa, ma anche in questo caso non si tratta di una sostanza innocua, per cui ne andrebbe fatto un utilizzo moderato. Che fare quindi? Pare che di alternative concrete al momento non ce ne siano, ma è proprio grazie alla ricerca che è possibile fornire alle autorità che valutano la qualità delle acque superficiali strumenti utili per analizzare la situazione e magari prendere in considerazione una revisione del limite di legge nell’utilizzo di questi pesticidi. Senza dimenticare i produttori, a cui spesso si chiede di valutare alternative e soluzioni maggiormente eco-sostenibili.

                       

                      Ricordiamo infine quanto riportato da Altroconsumo nell’articolo intitolato “Non crediamo in bio”, pubblicato a settembre 2015: “Per quanto riguarda la sostenibilità e l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, si può dire che nella produzione biologica sono soggetti a particolari restrizioni, ma non che sono del tutto vietati, come si tende a credere. Sono per esempio autorizzati nel caso di coltura a rischio. Inoltre, quando si valuta l’impatto ambientale di un prodotto, non è sufficiente considerare solo la coltivazione e i pesticidi, ma è necessario tenere conto anche dell’acqua, dell’energia, delle emissioni di CO2 e del trasporto. Scegliere alimenti biologici – sosteneva Altroconsumo – non ha vantaggi rilevanti per l’ambiente, nonostante queste pratiche di coltura si impegnino a prevenire la perdita della biodiversità e l’impoverimento del suolo”.

                       

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