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                      Uno studio Usa rivela: nella scelta tra il gusto e il sano non abbiamo dubbi

                      Uno studio dell’Università di Stanford dimostra che le descrizioni con cui vengono presentate le verdure al tavolo di un self service fanno la differenza sul gradimento del pubblico. E così, verdure identiche e cucinate allo stesso modo riscuotono diversi livelli di successo in base alle etichette: quelle che puntano su gusto e piacere vengono scelte dal 25% in più del campione rispetto alle descrizioni con gli aspetti “salutari” della verdura. Quando è possibile scegliere tra un alimento con un nome “gustoso” e uno con un nome “sano”, la scelta per molti ricade sul primo

                      di Massimiliano Lollis

                      Definire una zucchina con termini accattivanti può aumentare le sue probabilità di venire scelta, mangiata e apprezzata da un ipotetico consumatore. Questa è la conclusione alla quale sono giunti gli autori di un recente studio scientifico dell’Università di Stanford, riportato dalla Cnn, secondo cui la gente viene attirata maggiormente da pietanze che vengono descritte con termini che ne esaltano il gusto e il sapore, piuttosto che da parole legate al mondo salutista, che finiscono forse per richiamare inconsciamente la privazione del gusto e le diete.

                      Certamente gli Usa sono tra i Paesi con il più elevato indice di obesità al mondo, così diventa sempre più importante invogliare i consumatori a consumare più frutta e verdura. Lo studio di Stanford, pubblicato sulla rivista scientifica JAMA, ha preso in considerazione un campione di 600 persone tra studenti e docenti dell’università di Stanford, monitorando le loro scelte alimentari all’interno della mensa universitaria. Presentando al tavolo self-service le verdure (identiche tra loro e cucinate allo stesso modo) con etichette con descrizioni di diverso tipo – da quelle più neutre a quelle “salutari” fino ad arrivare a quelle più “spinte” dal punto di vista del marketing alimentare – si è così potuta osservare una netta preferenza per questi ultimi. Si è infatti osservato che una descrizione roboante e fantasiosa (come per es. “Tranci rosolati di zucchina caramellata”) si traduceva in un gradimento del 25% in più rispetto alle zucchine descritte in modo generico o con termini quali “Zucchina light” o “Zucchina ricca di vitamine”.

                      Brad Turnwald, il dottorando in psicologia della Stanford che si è occupato di condurre lo studio, non ha dubbi sul potere delle parole e su ciò che andrebbe fatto per incentivare gli americani a consumare più verdura: “Il modo in cui parliamo di cibo salutare – spiega alla Cnn – non dovrebbe essere così negativo, depressivo e focalizzato sulla salute. Dovrebbe invece concentrarsi sul sapore e sul gusto, perché è proprio in questo modo che noi descriviamo tutti gli altri cibi che amiamo”.

                      Lo stesso principio, in un certo senso, vale anche per i bambini, come evidenziato da studi precedenti compiuti nelle mense scolastiche. Forse il dottor Turnwald non lo sa, ma in Europa stiamo già andando nella direzione del marketing per rendere le verdure più appetibili ai bimbi. Un esempio su tutti – solo per rimanere nell’ambito dell’utilizzo di nomi accattivanti – è la linea lanciata lo scorso marzo da Lidl Uk per convincere i più piccoli ad apprezzare frutta e verdura, proprio utilizzando nomi giocosi e accattivanti come “Carote di unicorno”, “Nuvole di cavolfiore” o “Alberelli di broccoli” (leggi qui). 

                       

                      Carote di unicorno per tutti!

                      In definitiva, sappiamo quanto l’immagine di un prodotto conti, e se il nostro cervello è da sempre attratto dalla novità, dal gusto e dal piacere, in linea teorica non sarà difficile sfruttare questi meccanismi primordiali per convincere (e convincerci) a mangiare più sano. Produttori (e genitori) sono avvisati.

                       

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