di Massimiliano Lollis
A dirlo è un’autorevole ricerca portava avanti da studiosi di sei università Usa e pubblicata su Psychological Science: il gusto vince sempre, anche (e forse soprattutto) nell’ortofrutta. Come riporta Fooddive, la ricerca – effettuata analizzando un campione di 137.842 scelte di consumo nel corso di 185 giorni all’interno di cinque mense universitarie, con un menu che comprendeva 24 tipi di verdure – ha concluso che i piatti a base di verdura accompagnati da parole positive o che puntano sul sapore del prodotto sono scelti il 29% in più rispetto a quelli accompagnati da etichette che esaltano le loro qualità salutari. Non solo: le descrizioni golose convincono i consumatori a scegliere le verdure in generale rispetto ad altri cibi il 14% in più rispetto ai piatti con etichette convenzionali.
I ricercatori hanno osservato che, mentre le etichette sugli alimenti sani puntano prima di tutto sui benefici per la salute, una parte considerevole di consumatori, quando sceglie cosa mangiare, dà priorità al gusto. “Nel complesso – osserva lo studio – questi studi dimostrano che esaltare le caratteristiche più gustose e piacevoli delle verdure aumenta il consumo di verdure in contesti di vita quotidiana, in cui cibi più healthy competono con opzioni meno salutari”.
Secondo Foodive, i risultati di questo studio potrebbero spingere i produttori alimentari a puntare sul gusto – più che sulle caratteristiche salutari – nella presentazione dei loro prodotti. Come spiega Alia Crum, uno degli autori dello studio e docente di psicologia presso l’Università di Stanford, insistere sulle caratteristiche salutari delle verdure instilla nel consumatore l’idea che il prodotto, se è sano, debba per forza essere anche poco saporito e noioso.
In definitiva, lo studio pare indicare che aggiungere montagne di dati su calorie, vitamine, minerali e straordinarie qualità “healthy” sulla confezione di un prodotto non aiuta affatto a migliorare le vendite, poiché nel consumatore è sempre presente – in modo più o meno inconscio – il fatto che si tratti di una specie di medicina, che fa bene prendere, ma che non ti renderà certo più felice.
La ricerca pare quindi confermare i risultati di un altro studio del 2017 – sempre guidato da Alia Crum (leggi qui) – che aveva già dimostrato l’importanza delle descrizioni con cui vengono presentate le verdure al tavolo di un self-service, ma su un campione molto più ridotto. Osservando le scelte di 600 persone tra studenti e docenti dell’ateneo statunitense nelle mense universitarie si era osservato come verdure identiche e cucinate allo stesso modo riscuotessero diversi livelli di “successo” in base alle etichette: quelle che puntavano su gusto e piacere venivano scelte dal 25% in più del campione rispetto alle descrizioni con gli aspetti “salutari” della verdura.
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